Gina Lollobrigida, Venere italiana

E’ scomparsa oggi, all’età di 95 anni, Gina Lollobrigida, la grande attrice italiana.
Non temiamo di incorrere in errore definendola una delle poche vere dive italiane della storia del cinema, assieme a Sofia Loren, da sempre considerata la sua rivale.
In realtà la Lollobrigida si era ritagliata un posto al sole prima della collega, e senza aver sposato (concetto spesso ribadito dalla stessa attrice) un produttore, come fecero sia la Loren che Silvana Mangano, altra straordinaria protagonista del nostro cinema dei tempi d’oro: partita dai concorsi di bellezza (terza a “Miss Italia”, dietro Lucia Bosé e Gianna Maria Canale, altre due future attrici) , l’interprete, quasi subito ribattezzata “Lollo”, si era distinta in alcune pellicole della fine degli anni quaranta e l’inizio dei cinquanta (tra le quali ricordiamo almeno “Achtung! Banditi!” di Lizzani, “Fanfan le tulipe” di Jacque e “La provinciale” di Soldati, melodramma nel quale l’attrice dimostrò di avere ottime doti recitative, a prescindere dalla bellezza).
Fu tuttavia “Pane, amore e fantasia” di Luigi Comencini a trasformarla in una stella del cinema italiano. Nel ruolo di una popolana dalla bellezza dirompente e dal carattere sincero ed espansivo, accanto ad un attore del calibro di Vittorio De Sica, la Lollobrigida diede il meglio di sé, diventando uno dei fattori decisivi per il successo di una pellicola che segnava, in un certo senso, il superamento definitivo della fase neorealistica del nostro cinema, con una allegria e una spensieratezza completamente opposte rispetto al cupo pessimismo di capolavori come “Umberto D.”.

La Lollo confermo il successò con “Pane, amore e gelosia”, secondo episodio di quella che oggi verebbe definita una “saga”, e con “La Romana” di Zampa, film tratto da Moravia, che nonostante l’accoglienza poco benevola della critica confermò i progressi a livello recitativo di una interprete che, a differenza di altre “maggiorate” dell’epoca, faceva capire chiaramente di non accontentarsi della sola bellezza, pur straordinaria.
A quel punto il richiamo di Hollywood divenne quasi inevitabile. Ed è grazie al cinema americano e internazionale che la figura della Lollobrigida riuscì nell’impresa, solitamente ostica per i nostri attori, di varcare con successo i confini nostrani: già nel 1953 fu protagonista, accanto al grande Humphrey Bogart, di “Il tesoro dell’Africa” di John Huston; nel 1955 interpretò “La donna più bella del mondo”, film oggi poco ricordato, che però ottenne un grandissimo successo di pubblico; nel 1956 recitò assieme a Burt Lancaster e Tony Curtis nell’emozionante “Trapezio” di Carol Reed; nel 1959 duettò con Yul Brinner in “Salomone e la Regina di Saba” e con Frank Sinatra in “Sacro e profano” di John Sturges (una delle prime pellicole in cui compare Steve McQueen).

Anche negli anni sessanta la popolarità dell’attrice rimase inalterata, così come il suo ritmo di lavoro, a testimonianza di uno status di “star” che poche interpreti non statunitensi potevano vantare a Hollywood.
E’ del 1961 “Torna a settembre” di Mulligan, classica commedia americana nella quale la Lollo duettò benissimo con Rock Hudson; nel 1962 l’attrice interpretò uno dei suoi film più celebri, portando in scena Paolina Bonaparte in “Venere imperiale” di Jean Delannoy, ruolo che le valse il David di Donatello e il Nastro d’Argento. E’ del 1964 “La donna di paglia” dell’inglese Basil Dearden, film drammatico nel quale la nostra attrice ebbe come coprotagonista Sean Connery, in quel momento star in via di formazione grazie a 007.
Nella seconda metà dei sessanta, tuttavia, le offerte per la Lollobrigida divennero meno prestigiose: il cinema stava cambiando. In America, ma anche in Italia: all’alba dei settanta il periodo d’oro di Cinecittà sembrava lontano, le produzioni diventavano sempre meno curate, meno capaci di attrarre una diva come la Lollo.

Dopo qualche apparizione in pellicole non indimenticabili, l’attrice passò alla televisione, interpretando la Fata Turchina nell’indimenticabile “Pinocchio” di Comencini, il regista che di fatto aveva decretato la sua popolarità. A 45 anni l’attrice sembrava molto più giovane, e la sua bellezza, unita alla capacità di restituire una fata dalla grande umanità, rappresentarono uno dei punti di forza di uno sceneggiato memorabile.
Potremmo dire che la carriera da interprete della Lollobrigida finì, di fatto, con questo film: negli anni successivi l’attrice concesse sporadiche apparizioni, centellinando le presenze, amministrando una popolarità ormai inscalfibile.
Donna di spettacolo a 360 gradi, e artista nel vero senso del termine, la Lollo esplorò l’Arte in ogni aspetto (la pittura, la scultura, la fotografia), dimostrando un eclettismo sul quale in pochi avrebbero scommesso dopo le sue prime apparizioni cinematografiche.

Oggi, dopo aver appreso della sua scomparsa, ricordiamo una donna straordinaria, dal carattere forte e tenace, capace di lavorare su sé stessa, sulle sue qualità, sulle sue potenzialità, sul suo essere artista: fra tante bellissime interpreti, di cui era ricco il cinema italiano di quegli anni, la Lollobrigida emerse grazie alla sua non comune capacità di trasmettere emozioni, di bucare lo schermo, di raggiungere e catturare il pubblico.
Una “star” vera, una delle ultime dive, una Venere italiana.