Gianluca Vialli, eroe dei due mondi

Un periodo in cui il mondo del calcio è funestato da lutti, la scomparsa di Gianluca Vialli è forse quella che ha colpito di più gli appassionati del nostro paese.
La malattia dell’ex giocatore, affrontata con grande dignità, sembrava aver concesso spiragli di speranza un anno e mezzo fa, quando l’Italia intera si era commossa, durante il campionato europeo per nazioni, di fronte all’abbraccio tra Vialli e Mancini, commissario tecnico della nazionale: dai giornali filtravano, in quel periodo, notizie incoraggianti, sostenute da una partecipazione attiva, nella sua nuova veste di dirigente accompagnatore, ad una manifestazione impegnativa sul piano fisico e morale come quella affrontata dagli azzurri.
La tragica notizia della sua morte, che pure in molti temevano già da giorni, visto l’aggravamento delle sue condizioni, è stata un autentico pugno nello stomaco.
Per tutti gli appassionati, ma in particolare per chi, come me, più giovane di Vialli di una decina d’anni, è cresciuto ammirando le sue prodezze, e ha collezionato le sue “figurine”, a partire dall’album Panini 1982-83, nel quale l’attaccante figurava nella rosa della Cremonese, in serie B.

Vialli è diventato quasi immediatamente un beniamino degli appassionati. Nella Sampdoria, squadra di giovani talenti, e in nazionale.
Lo ricordo già nel 1986, ai mondiali del Messico: subentrato a Bruno Conti, iconica ala azzurra, riuscì a convincere anche in un ruolo non suo, quello del “tornante”, cioè del giocatore che, nei moduli tattici di allora, faceva la spola tra centrocampo e attacco, giostrando sulla fascia destra.
E poi la nazionale under 21, con lui assieme ad altri talenti del calibro di Giannini, Donadoni, Mancini: una selezione capace di entusiasmare, e di coinvolgere i tifosi quasi più della nazionale maggiore.

Il suo rito di passaggio, da ragazzo a uomo, fu forse proprio il mondiale del 1990, nel quale il sampdoriano non si espresse al meglio, a causa di alcuni malanni fisici: scalzato da un Totò Schillaci in stato di grazia, Vialli masticò amaro con grande compostezza, acquisendo una maturità, e una grinta, fino a quel momento solo parzialmente esibite.
Passato alla Juventus, l’attaccante trovò la sua dimensione dopo due anni faticosi, diventando il leader di una squadra capace di recuperare, dopo anni, una statura da “grande”, anche in Europa.
Ed è lì che Vialli non si accontentò di essere, “semplicemente”, un eroe italiano.
Nell’estate del 1996 il passaggio al Chelsea, squadra londinese, lo proiettò in una dimensione extra-nazionale alla quale l’attaccante si adattò meravigliosamente: Vialli diventò immediatamente un idolo dei tifosi inglesi, da semplice giocatore si trovò a rivestire l’impegnativo ruolo di giocatore-allenatore, trasformò Stamford Bridge (lo stadio della squadra londinese) in una roccaforte dell’italianità, con altri giocatori (primo dei quali Gianfranco Zola) e collaboratori provenienti dal nostro paese.
L’esperienza al Chelsea durò circa tre anni, quindi relativamente poco, ma in un lasso di tempo così breve Vialli fu in grado di impressionare positivamente tutto il mondo del calcio inglese, colpito dalla sua eleganza, dalla sua professionalità, dal suo spessore umano.

Sono stato molto colpito, oggi, nel leggere le centinaia di commemorazioni provenienti dalla Gran Bretagna: ricordi commossi e sentiti di campioni del passato (come Gary Lineker, o Matt Le Tissier, o Alan Shearer), di società di calcio, di semplici tifosi, non solo del Chelsea.
Tutti uniti, come in Italia, nel commemorare un grande calciatore scomparso.
La classe di Vialli (dentro e fuori dal campo), il suo coraggio, la sua umanità, che in queste ore vengono giustamente celebrate in Italia, sono diventate patrimonio comune anche in Inghilterra. In un momento così triste, assieme al cordoglio per una morte ingiusta e precoce, c’è anche la consolazione di poter apprezzare appieno il lato positivo del calcio, la sua capacità di unire le persone.
Nella piccola storia di questo sport Gianluca Vialli è diventato un eroe di due mondi calcistici profondamente diversi, per certi aspetti persino opposti: oggi lo piangono entrambi, omaggiando un campione straordinario e sfortunato.