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Intervista alla scrittrice Annamaria Zizza:”L’antico Egitto, terra di eterna fascinazione”

Annamaria Zizza è una scrittrice al suo esordio letterario. Originaria di Catania è docente d’Italiano e Latino al liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale , è stata comunque un’appassionata lettrice e si è dedicata alla scrittura appena sedicenne. Di lei si hanno scarne notizie sul piano intellettuale anche se sembra promettere bene la sua opera letteraria, iniziata recentemente con la stesura del suo romanzo d’esordio “Lo Scriba e il Faraone”. Comincia a collaborare  dieci anni fa sulla rivista di egittologia e archeologia “Mediterraneo Antico”, dove si cimenta in articoli di antropologia della Roma repubblicana.  Autrice di numerose poesie che riflettono molto sull’umanità antica e moderna.  Proprio recentemente le sue liriche sono state selezionate e inserite nell’antologia del premio “Giovanni Pascoli- L’ora di Barga”.

Proprio ad Acireale Annamaria Zizza ha ideato e animato il progetto “Dante nelle chiese di Acireale”, che si propone “lecturae Dantis” patrocinate dalla diocesi locale. Una sua raccolta di poesie ha ricevuto una menzione speciale al premio letterario “Salvatore Quasimodo”. Assai interessante è il colloquio avuto con lei per parlare del suo romanzo e dei  suoi futuri  progetti editoriali.

Cosa l’ha spinto ad occuparsi dell’Egitto antico di Tut-Ankh-Amon, il “sovrano bambino” salito al trono a soli nove anni e morto appena diciottenne?

Mi ha spinto l’amore per l’Egitto in generale, coltivato fin da bambina, e quello per la XVIII dinastia, sulla cui conclusione ancora gravano molti misteri. Tut-Ankh-Amon, poi, è morto giovane e, come dice Menandro, “muore giovane colui che gli dei amano”. Ci si interroga sempre sui motivi della morte di un ragazzo così giovane. E questa è parte della fascinazione che il faraone ha emanato nel tempo.

Che mondo era quello dei faraoni ancora avvolto tra mito e magia ?

E’ un mondo su cui sappiamo molto ma che non sempre è spiegabile dal punto di vista dell’uomo moderno. Vede, c’è una tendenza in chi studia il passato: quella a proiettare sul passato il presente, mentre il passato va storicizzato. Una cosa è ricercare le radici di idee e di fenomeni storici, altra è di snaturare il passato nel nome di un eterno presente. Questo è ciò che ho voluto evitare nel mio romanzo. Quanto al mito, si tratta di narrazioni sacre, come sacra è la religione che, nel passato, era intrisa di rituali magici. E non parlo di un passato molto remoto. Cose incomprensibili oggi, ma che allora erano incontestabili. Come incontestabile era il potere dei faraoni, i cui nomi, infatti, erano teofori.

Nel suo libro si narra del ritrovamento del luogo di sepoltura del faraone egizio. Cosa significa per l’umanità questa scoperta ?

E’ stata una scoperta importante. Una tomba pressoché inviolata (pressoché, perché in effetti era stata in minima parte depredata in tempi antichissimi e poi dimenticata già in epoca egizia, tanto che sopra vi si costruì la tomba di Ramesse VI, una delle più belle della Valle dei Re). E’ stato un tassello fondamentale per cercare di costruire la genealogia della XVIII dinastia a partire dal “faraone eretico” Akhenaton fino ad arrivare ad Ay, il penultimo sovrano della dinastia prima di Horemheb, l’unico a non essere colpito da “damnatio memoriae” perché riportò definitivamente l’ordine dopo la parentesi enoteista di Akhenaton. Ancora oggi gli egittologi, infatti, si interrogano sull’identità di alcune mummie come la “Younger Lady” (Nefertiti? Kiya?), la madre di Tut-Ankh-Amon, o quella trovata in pessime condizioni da Theodore Davis nella KV55 (Akhenaton?). Nella tomba di Tut-Ankh-Amon, inoltre, oltre ad un corredo funebre di rara bellezza, è stato rinvenuto un pugnale in ferro (forse meteoritico). Un reperto di grandissima importanza visto che gli Egizi non conoscevano il ferro, a differenza degli Ittiti.

Come mai all’inizio del secolo scorso riesplode l’attenzione dei mecenati per questa archeologia ?

Già alla fine del Settecento era esploso l’interesse per l’Egitto, ma fu la decodificazione dei geroglifici ad opera di J.F. Champollion a far crescere l’egittomania.

All’inizio gli scavi non ebbero necessità di particolari sovvenzionamenti, ma, quando le scoperte sembrarono essere sul punto di finire, si sentì l’impellenza di affidarsi a mecenati ricchi e appassionati, come Theodore Davis e lord Carnarvon. I costi degli scavi erano diventati proibitivi. Lo stesso Carter dovette pregare Carnarvon di sovvenzionargli l’ultima campagna di scavi, nel 1922. Se Carnarvon  non gliela avesse concessa, forse la tomba di Tut-Ankh-Amon non sarebbe stata scoperta o magari sì, ma chissà quanto tempo dopo.

Chi è stato il “faraone bambino”, quali novità  ha portato nel rinvenimento delle civiltà sepolte ?

Tut-Ankh-Amon nasce come Tut-Ankh-Aton ed era il figlio di Amenhotep IV/Akhenaton, colui che impose il culto (non esclusivo) di Aton su tutto l’Egitto. Era probabilmente figlio di una sua sposa secondaria, Kiya, e sposò la sorellastra Ankhes-en-Amon. La giovane sposa ebbe due gravidanze non portate a termine e i cui feti sono conservati nella tomba. Non abbiamo tracce, invece, della tomba della regina. Quando salì al trono cambiò il suo nome in Tut-Ankh-Amon e, con la stele della Restaurazione (probabilmente suggeritagli dal Visir Ay), ripristinò il culto di Amon e i privilegi della casta sacerdotale legata al culto prevalente del dio solare. Un evento di grande portata storica. Non condusse guerre, a quel che si sa.

Di che tipo di bibliografia storica e letteraria si è avvalsa per concepire questa sua opera letteraria ?

Ho letto moltissimi saggi di egittologia e ho reperito altro materiale free sul web. L’ho incrociato con le mie fonti accademiche per verificarne la veridicità. E’ stata una ricerca anche per questo lunga, complessa e faticosa. A questo si aggiunge il fatto che non tutti gli egittologi concordano su cronologie ed identità delle mummie. In questo caso mi sono attenuta alla fonte più accreditata. Dico sempre ai miei alunni di controllare le fonti e di non credere neanche ai loro manuali, perché non sono indenni da errori.  

l mondo egizio è ancora oggi un mistero. Il ritrovamento di alcuni papiri nel sarcofago del faraone  che novità apportano nell’antropologia e nella cultura mondiale ?

La notizia del ritrovamento dei papiri nella tomba del faraone fu data dal Times già a fine 1922. Ho letto i resoconti in un saggio giornalistico: “La cospirazione di Tut-Ankh-Amon” di Ogilvie-Herald e Collins, un saggio informatissimo. La notizia girava, ma, se vera, fu probabilmente insabbiata perché destabilizzante in un’ epoca di difficili rapporti geopolitici tra Egitto, Inghilterra e primi insediamenti ebraici. Mettere in dubbio una parte della Bibbia sarebbe equivalso a creare un terremoto politico, anche con la Chiesa di Roma.

Chi era lo scriba Menthuotep protagonista del romanzo?

Menthuotep è una mia creatura. Non è mai esistito, se non nella mia testa. E’ uno straniero, uno scriba e quindi un maestro, un esperto dell’arte della parola, un trasmettitore di memorie; ma è anche un medico del corpo e dell’anima, in cui risiede il “nodo” del male che ci attanaglia. Un po’ come il docente, che deve insegnare agli alunni ma passando prima per le persone, spesso fragili, che ha davanti a sé.

Continuerà ancora su questi temi ?

Direi di sì. L’egittologia è una mia passione. Tra poco partirà il lancio del mio secondo romanzo per la casa editrice Marlin, sempre ambientato nel XIV secolo a.C. E’ un romanzo storico anch’esso, ricco di intrighi e di storie d’amore proibite. Ma sto già raccogliendo del materiale per il terzo, probabilmente ambientato in epoca più vicina.

Che impulso l’ha spinta alla scrittura?

La vocazione alla scrittura non appare: emerge dal luogo in cui è provvisoriamente nascosta. Le circostanze, poi, possono farla tornare alla superficie, costringendoci a prenderne coscienza. Nel mio caso c’è stato un avvenimento doloroso nella mia vita. Ho iniziato a scrivere cercando nella parola e nella narrazione una medicina doloris, ma adesso mi diverto a dare voce e corpo alle “figurine” spesso senz’anima, che affollano i saggi di storia. Li rendo umani e verosimili. La scrittura mi trasmette serenità e nello stesso tempo mi permette di raccontarmi. Senza alcun narcisismo, però.

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Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.

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