Catania, scuote le coscienze la chiamata “Alle armi” di Antonella Caldarella

Scuotere le coscienze, stimolare i cambiamenti di prospettiva. Esiste ancora un teatro che ha questi lodevoli intenti e lo dimostra il ritorno sulle scene di una piecè che qualche anno fa, prima della pandemia, sembrava già profetica. “Alle armi!” di Antonella Caldarella, andato in scena il 2 dicembre (con repliche il 3/4/9/10) nel suggestivo spazio artistico Roots di via Borrello nell’ambito della rassegna Rigenerazioni, ritorna per incantare e commuovere il suo pubblico, che si ritrova magicamente catapultato in uno spazio immersivo, dove da spettatore diventa inconsapevole protagonista.
Non esiste palcoscenico, infatti, in questa generale e metaforica chiamata alle armi, ma solo un’unica dimensione dove gli attori provocatoriamente interrogano e gli astanti interagiscono, dapprima disorientati, poi viva via più convintamente, fino a diventare parte di un grumo di profondi significati. In un icastico gioco di drastiche opposizioni, i quattro giovani bravissimi attori, Andrea Cable, Giulia Giurato, Maria Riela, Chiara Sciuto, guidati dalla sapiente mano e mente dell’autrice e regista Antonella Caldarella, donna di grande sensibilità e senso del teatro, proiettano sul pubblico una raffica di interrogativi inquietanti, incalzanti.
Di questi il più pregnante è quello pronunciato da una grintosa Regina che recita, rivolta all’incredulo intervenuto: “Pensi che io sia troppo giovane?”. Ebbene sì. Perché questa storia ci racconta di quei folli sognatori che, nella grigia società odierna, sperano ancora di potere cambiare il mondo. Con un’opera esistenziale, ma anche intimamente politica e sociale, Antonella Caldarella fa un commovente omaggio al potere travolgente della fantasia, alle coscienze di chi non si piega alla rassegnazione e all’acquiescenza, ai cuori di chi si sente chiamato alle armi e contemporaneamente chiama alle armi gli altri, in un disperato tentativo di salvare il mondo.
E trova nei quattro promettenti performers sulla scena la grinta e l’energia giusta. Con i loro volti espressivi, una mimica eccellente, una gestualità millimetrica riescono a tenere in positiva tensione gli spettatori, che si lasciano andare al loro gioco di sguardi, di specchi, di scuotimento continuo delle coscienze. Lo spettatore cresce con il succedersi degli eventi, tra bambole crudeli, una regina molto capricciosa, soldati e servi, padroni e comandanti, mentre i personaggi insistono, raddoppiano efficacemente le battute, incalzano, penetrano nell’anima di chi li osserva. E gli spettatori? In 60 minuti si stupiscono, si interrogano anch’essi, crescono, si trasformano, fin quando a non avviene la catarsi di aristotelica memoria.
Si accendono le luci. L’illusione è finita. La chiamata alle armi ha funzionato. Purificati, risvegliati, ormai più vigili, si va via soddisfatti, sperando in tanti altri spettacoli così coinvolgenti e significativi