“Rambo II”, lo strano caso di un film (involontariamente) “politico”.

Quando “Rambo II” venne distribuito nelle sale, nel 1985, il mondo era diviso in blocchi contrapposti, e la Guerra Fredda era quasi gelida. L’Unione Sovietica era (o sembrava) ancora un bastione monolitico, e gli Stati Uniti erano nel bel mezzo dell’era reaganiana.
“First blood” (in Italia distribuito come “Rambo”), il primo film in cui compare il personaggio del reduce John Rambo, interpretato da Sylvester Stallone, era stato uno dei maggiori incassi del 1982: diretto dall’esperto artigiano Ted Kotcheff, il lungometraggio riusciva a tratteggiare benissimo i problemi dei reduci del Vietnam, grazie ad un personaggio taciturno e solitario, sconfitto dalla guerra e dalla vita.
Il secondo episodio, sulla spinta della ricerca di una maggiore (io aggiungo: eccessiva) spettacolarità, avrebbe esportato il protagonista in Vietnam, alla ricerca di commilitoni ancora prigionieri in quel paese, ad anni di distanza dalla conclusione del conflitto.
Il film, diretto da George Pan Cosmatos, con la presenza “occulta” in regia di Stallone, superò nettamente i già alti incassi di “First Blood”, guadagnandosi il plauso di Ronald Reagan: “la prossima volta manderemo Rambo”, frase attribuita all’allora presidente degli Stati Uniti, riflette lo spirito di quegli anni, nei quali, anche grazie alla finzione, e a pellicole come “Rambo II”, gli americani avevano superato il trauma della sconfitta, cementando un innocuo sentimento di rivalsa, fittizio e aleatorio.
E’ quasi superfluo dire che film come quello di Cosmatos (che generarono una serie di imitazioni mediocri ma divertenti, ad esempio “Rombo di Tuono” con Chuck Norris), non eccelsi sul piano artistico ma capaci di intrattenere, non furono accolti benissimo da quella parte della critica, e del pubblico, pesantemente schierata a sinistra, e per questo vicina alle posizioni dell’URSS. Insomma, non so se volontariamente o meno, ma “Rambo II” divenne rapidamente un “film politico”, e i sovietici rappresentati come nemici spietati, e uccisi come mosche dall’eroe statunitense, fecero gelare il sangue ai comunisti nostrani. Il film di Cosmatos venne massacrato in maniera compatta, ben al di là dei propri demeriti.
Negli anni, tuttavia, le cose cambiano, sia nella politica di un singolo paese che in quella internazionale. Mi è capitato, recentemente, di rivedere il film dopo decenni, e l’ho quasi istintivamente proiettato nella dimensione politica attuale, con i russi considerati nemici anche da quella parte, politica e culturale, con la quale flirtavano.
Il mio giudizio sulla pellicola, negli anni, non è cambiato. Mi chiedo: è così anche per chi lo aveva massacrato nel 1985? Probabilmente no.
Il rischio che corre ogni appassionato di cinema afflitto da eccessi ideologici è proprio questo: non riuscire a distinguere l’effettiva qualità di un film, quando questo non è esattamente conforme ad una linea di pensiero prestabilita, e compiere giravolte critiche quando il vento dell’ideologia cambia.
“Rambo II”, che è un film non eccelso, e tutto sommato innocuo, è solo un esempio, ma ce ne sarebbero tanti altri, più importanti, e per certi aspetti più dolorosi.