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Intervista all’attrice Marta Lìmoli: “Il film La Stranezza di Roberto Andò è poesia e magia”   

Un film con attori quasi tutti siciliani quello di Roberto Andò “La stranezza”. E tra le figure che spiccano come novità vi è certamente la presenza di Marta Lìmoli, catanese, attrice e autrice che si è distinta in questi anni con doti di recitazione lusinghiere e brillanti. La Limoli è formata presso l’Accademia di Belle Arti della città etnea dove ha conseguito la Laurea in Arti Visive, discutendo una tesi : “Il Teatro contemporaneo, nuovo riferimento storico come emergente didattica scolastica formativa”.  Successivamente ha frequentato la prestigiosa Scuola d’Arte Drammatica Umberto Spadaro del Teatro Stabile di Catania, diretta dallo storico regista Giuseppe Di Martino (del quale quest’anno verrà celebrato il centenario della nascita). Dopo il Diploma di attrice di prosa, inizia la carriera teatrale seguendo nel tempo anche stage di perfezionamento con registi e maestri di danza. Ha la possibilità di partecipare a tournée nazionali con rinomati attori italiani, svolge attività in radio, nel doppiaggio, nel campo della pubblicità, con partecipazioni in fiction e diversi cortometraggi. Ottiene riconoscimenti importanti vincendo il Premio Salvo Randone nel 2003, come attrice giovane. Partecipa ad  un cortometraggio di produzione italoamericana, regia di Alison C. Hall e nel 2017 è premiata come Best Supporting Actress al Global Film Fest di Washington e tra l’altro vince anche il Premio Best Ensemble al NY Film Fest. Ottiene quattro candidature in altri International Film Festival americani. Vince il Premio Best Supporting Actress al Druk International Film Fest 2019. Ottiene la Nomination al Druk Golden Dragon Awards 2020. Da ricordare anche diversi riconoscimenti ricevuti nel tempo, per poesie e racconti. Un excursus di tutto rispetto che la pone nel panorama del settore come figura di riconosciuta professionalità.

Bisogna ricordare che Marta Limoli è anche autrice del Docufilm Tangue – la Lìngua del Tango, novità assoluta nel panorama delle produzioni sul Tango. Ha portato in scena il suo Concept TangoPiano da Camera, Concerto per piano solo e voce recitante, insieme al noto pianista Seby Burgio. Questo spettacolo ha avuto un ottimo consenso di pubblico e apprezzamento dalla critica.

Ha scritto il libro Tangue pubblicatoper Akkuaria Edizioni, premiato alla IX° edizione del Premio Akadèmon come opera prima. Poi, un secondo libro Quando cadevano le nuvole, sempre con Akkuaria, raccolta di poesie,  presentato a due edizioni della Rassegna Il Maggio dei Libri.

Per Leonida Edizioni pubblica la terza silloge Le forme dell’amore, 2° Premio Rocco Carbone 2021, presentato presso il Salone del Libro di Torino, XXXIV° Edizione – 2022.

Adesso questo salto di qualità ulteriore con la partecipazione al film del regista palermitano Roberto Andò: La Stranezza, dopo la presentazione in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma, è attualmente nelle Sale cinematografiche italiane e sta riscuotendo un successo notevole. I protagonisti sono Tony Servillo e la coppia comica  Ficarra e Picone. La nostra Marta Limoli recita come attrice nella Compagnia di “dilettanti professionisti”, presso il teatrino di Girgenti (vecchia Agrigento), dove Picone è il drammaturgo (Onofrio Principato) e Ficarra è il prim’attore (Sebastiano Vella). Il gruppo di compaesani prova un “dramma comico” ed al debutto avrà la sorpresa della presenza – se pur celata – di Luigi Pirandello, interpretata da Tony Servillo.

Il ruolo che ricopre la bella attrice è quella di Consolata Mazzante, ovvero “La Caratterista” che si scoprirà avere debole per le fandonie di Bastiano (Ficarra) il quale, in un intreccio divertente, si vedrà aver un debole per le donne e tenere sotto stretta sorveglianza la sorella minore, che a sua volta nutre segretamente un interesse per il compare del fratello, Onofrio detto ‘Nofrio (Picone).

Abbiamo voluto avere un colloquio con l’attrice per conoscerla, addentrarci nel suo mondo e capire le sue predilezioni artistiche.

Cosa l’ha spinta a intraprendere una carriera cosi faticosa e lunga?

Domanda di riserva? … Scherzo. Beh, ripercorrendo a ritroso quel che è stato il percorso di “evoluzione” di me stessa e recuperando l’origine del pensiero, l’impulso, che mi ha fatto orientare verso quest’attività, potrei dire che tutto nasce dall’esigenza di trovare una forma d’espressione completa, totalizzante. Studiavo all’Accademia di Belle Arti, in sezione di scenografia, mi affascinavano già il mistero, l’atto creativo, la trascendenza che il teatro contempla, richiede e offre. Una ricerca nel profondo, l’esplorazione dell’interiorità. Compreso quanto anziché disegnare bozzetti, progettare modellini in scala o pensare a costumi di scena, avrei potuto esprimere portandomi all’interno della “scatola nera”, ho subito assecondato l’intuizione ed eccoci qui. Certo, come lei dice a chiare lettere, la cosiddetta carriera è lunga e faticosa ed oggigiorno più che mai (anche se ogni periodo storico attraversa comunque periodi di crisi) ma la scuola di teatro è anche una scuola di formazione per la vita: ha una funzione – per così dire – ad ampio spettro e ne sono sempre grata perché quel tipo di educazione aiuta a vedere, vivere, superare ogni difficoltà con atteggiamento predisposto al superamento. La disciplina acquisita è stata fondamentale, ci ha insegnato ad andare oltre poiché “qualsiasi cosa accada, il sipario si deve aprire; lo spettacolo deve andare in scena”. Così, anche nel quotidiano, ogni problema è affrontato in modo da trovare subito soluzioni invece di focalizzarsi sul disagio. Il tempo è maestro anche in questo senso: gli anni di esperienza pur nelle condizioni di perenne precariato, sono serviti a raggiungere una maggior consapevolezza della necessità di esistere – spesso r-esistere – dentro il mondo delle arti, costituisce nutrimento primario mai opzionale o mero capriccio. In Italia, la categoria dei lavoratori dello spettacolo soffre di mancanza di considerazione. Non siamo visti come persone che lavorano come tutti, e già questo è tutto dire! Ultimamente si sono smosse un po’ le acque in tal senso e le condizioni generali sembrerebbe si stiano un minimo aggiornando ma la strada è in salita. Malgrado ciò, agiamo, creiamo, fatichiamo, è un mestiere che abbiamo nel derma, sostanzialmente. Tralasciando di addentrarci sull’utilità sociale, lo svolgimento dell’attività come operatori della cultura, le eventuali tematiche relative alla vocazione (il discorso assumerebbe aspetti più complessi), possiamo – credo – arrogarci il diritto di sentirci “strumenti” evocativi significanti, nel caos dell’esistenza. Fra dibattiti e confronti, fuochi ardenti e braci, in sintesi, come si dice, si vive un amore tormentato!

 La tradizione del nostro teatro catanese è lunga e gloriosa, da cui sono emersi attori che hanno fatto la storia.

 Decisamente. È un grande piacere poter parlare di ciò. Il pubblico catanese, per ricordarlo, ha una lunga storia. È sempre stato un fruitore in prima linea e di teatro di altissimo livello! È un pubblico “educato”, preparato, nonostante vi siano resistenze verso le novità drammaturgiche  doverosamente rivolte in particolare ai più giovani. La storia del Teatro siciliano, catanese nello specifico, è davvero gloriosa. Ho avuto l’onore di prendere parte all’ultimo spettacolo portato in scena dal grandissimo Turi Ferro. Il Signor Ferro. Emozioni vibranti che rimangono nella memoria. Ogni sera, si verificava una magia. Lui ha rappresentato il fulcro, il perno, è stato motore e colonna portante del nostro Teatro. Abbiamo molte grandi personalità che fanno parte della tradizione e del presente del nostro Teatro. Nel film “La Stranezza”, ad esempio, il fantastico Tuccio Musumeci fa un cameo ed è di una potenza impareggiabile. Catania è genitrice di moltissimi artisti noti, anche nel campo musicale, si sa bene, sembra che qui terra e semi particolarmente fertili e amanti dell’arte amino germinare ad ogni raggio di sole!        

Da quello che si evince lei è innamorata della scena, la recitazione, il tango, la scrittura sono i suoi grandi amori.

 Innamoramento o amore? Questo è il dilemma! Posso dire che quando nel momento in cui ho scelto di astenermi dal frequentare le scene, è successo che abbia voluto di proposito starne lontana e fare altre esperienze lavorative anche all’estero, si pensano e si provano cose diverse, si abbraccia anche una forma diversa di libertà, poi si va a vedere uno spettacolo e lo si guarda non come spettatore ma con l’occhio di chi lo respira con tutti i pori della pelle e succede che gli accadimenti, gli eventi, riconducano quasi inspiegabilmente alla realtà che ben si conosce e che ci appartiene. È capitato di parlarne sia con addetti ai lavori, sia con persone al di fuori dell’ambiente, la risposta che emerge è la medesima: “questa è passione, c’è poco da fare”. Il tango, invece, è una risorsa per la vita, come lo è la scrittura. Sono sorgenti di ristoro assolutamente nutrienti e lo sono per tutti. Ognuno di noi deve poter attingere a tutte queste fonti di espressione, mediante le quali dialogare con sé stessi e manifestarsi agli altri; rappresentano mezzi di comunicazione completi e sono a nostra disposizione illimitatamente! Il tango l’ho incontrato parecchi anni or sono, il docufilm che gli ho dedicato è nato grazie al fatto di aver conosciuto grandi Maestri ospiti della scuola che frequento e dove le attività sono molteplici, ricche e variegate. Angelo Grasso è il direttore, ha trasmesso agli allievi i valori di questo ballo che è molto di più, tanto di più di un ballo. Con la scrittura ho un rapporto altrettanto sincero, scrivo per impulso e perché mi ritrovo, pian piano è sorto il desiderio di tener fra le mani i pensieri materializzati e così ho iniziato il percorso con le pubblicazioni, i concorsi letterari, i premi. La ricerca spinge verso l’adozione di soluzioni personali che possono aver il peso d’una virgola oppure di decine di pagine. È anche un modo per adoperare la lingua italiana in modo più creativo, coltivare una certa proprietà di linguaggio e poi, sì, anche per difendere il gusto della composizione. Gli scrittori veri son altri, nel mio piccolo ho piacere di trovare ed identificare uno spazio personale perché come dicevo poco fa, tutti devono poter avere il diritto di esprimersi con il piacere della condivisione. Ogni libro è un progetto, a volte ho inserito una collettiva fotografica, a volte dei disegni ad accompagnare i brani scritti, vorrei che i giovanissimi si accostassero alla poesia con disinvoltura, senza patirne l’intimidazione o peggio la noia per delle elucubrazioni fuori dalla realtà – che è sempre più virtuale. La poesia invece è virtù!                

 Il tango è il ballo della passione e del fuoco sacro del dualismo amoroso.

Il Tango è arte in movimento e lo è ancor di più perché è aderente al piccolo cuore di tutti noi. Il tango nasce povero e rimane tale, essenziale, anche se elegante e tirato a lucido, pulsa per nascita da terra incolta e cresce sui marciapiedi. Diventa adulto in scarni locali del sud del mondo e si evolve tra scarpe in vernice e fiocchi luccicanti. Il Tango ha una voce propria ma si espande in tutto il nostro essere, ci appartiene e noi gli apparteniamo. Sì, il coinvolgimento fisico è parte del suo corredo esistenziale ma non è la caratteristica esclusiva. Ogni tanguero, chiunque balli Tango, crea e crea e ricrea e torna a creare ogni qualvolta si trovi in pista e balli con una persona diversa. Il Tango non si ripete, perché ogni movimento, ogni momento è sempre diverso. Per questo il Tango è vita, è racconto, è scambio, è silenzio, è flusso di energia. La coppia dialoga, nulla si impone, solitamente l’uomo invita e propone alla donna dei passi, la donna accetta e personalizza, impreziosisce, propone a propria volta. Durante un Tango ci si sveste delle  identità che abitualmente riconosciamo, si diventa altro. È una magia che percorre i sensi, come per il Teatro.           

Oggi è attrice nel film La Stranezza di Roberto Andò: è la conferma del suo talento.

Durante le riprese avevo gli occhi sgranati e assorbivo tutto quello che mi ruotava intorno, ogni movimenti di macchina da presa, dolly, crane, assistevo a tutte le azioni. Stavo ad osservare anche quando non dovevo girare, rimanevo vicino ad uno dei monitor e seguire tutti gli altri ciak. Il regista, Ficarra e Picone, mi guardavano come fossi Alice nel Paese delle meraviglie. Non era la prima esperienza su un set ma senz’altro la più importante. Ho capito ed imparato parecchio. Roberto Andò è innanzitutto un gran signore, una persona squisita. L’ho ringraziato sentitamente per aver riposto in me la sua fiducia e lui, lui, ha rivolto i suoi ringraziamenti, non soltanto una volta. Questo ruolo, seppur non tra i maggiori del nutrito cast, è stato costruito in parte sulle battute previste dalla sceneggiatura e in parte basandoci sulle improvvisazioni fatte durante i giorni di prove. Andò ci ha radunati per creare un clima di familiarità e subito ho potuto rendermi conto del suo spessore, la sua levatura, per il modo di vivere la propria cultura, di dirigere, il modo di porsi con gli attori. Da vero Uomo di Teatro che ama gli attori, è stato vicino a tutti noi. Il fatto che personalmente in questo film possa dimostrare qualcosa, per certi versi mi fa sentire a mio agio con ciò che da sempre ho fatto con naturalezza e ne sono felice, per altri aspetti suscita una sorta d’imbarazzo perché bisogna sempre aspettare vi sia un’occasione particolare per affermare le proprie capacità – come se tutto quanto fatto fin ora non avesse peso alcuno, non sia mai esistito. Sono grata a Roberto Andò, mi sono sentita capita e apprezzata in ogni fiato emesso. Grazie anche ai due formidabili Ficarra e Picone, entrambi attenti e disponibili, oltre che naturalmente simpaticissimi. Questo film è la realizzazione di un’idea che il regista ha concepito “inconsciamente” molti anni fa, come lui stesso ha dichiarato, l’ispirazione si è fatta strada nel corso del tempo fino a trovare identità nella stesura di una sceneggiatura assolutamente originale e dal carattere pregno di poesia. La narrazione viaggia fluidamente tra atmosfere evanescenti ed evocative e determinati contenuti, “fatti” dal sapore tragicomico e retrogusto a tratti grottesco. Così, Andò, ha creato un’opera mirabile. È un film di magica poesia, trascende ogni definizione, non rientra in nessun standard. Possiede qualità proprie che in ogni fotogramma rivelano la fine sensibilità del regista. L’arte cinematografica non è più un sogno lontano, un miraggio, torna a far bella mostra di sé.               

 Marta che obiettivi professionali si pone per il futuro?

Oh, le previsioni di questo genere di meteo sono impossibili! Sorrido un po’ a pensare così al futuro, si vive nel presente, mettendo a fuoco l’oggi e tutt’al più il domani. Gli obiettivi sono – si può dire – dare sempre il meglio di sé, in ogni situazione. Credere nelle proprie idee – queste non mancano – e tenere una conduzione del modo di lavorare il più possibile aderente al proprio credo. Così come mi è stato insegnato. Lezione cui tengo.

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Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.
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