Il giornalista Giovanni Spampinato, 25 anni, venne assassinato perchè cercava la verità

Giovanni Spampinato aveva la passione del giornalismo a cui si dedicava anima e corpo ed era un giovane corrispondente da Ragusa de “L’Ora” di Palermo e de “L’Unità” . Il padre Peppino era stato un valoroso comandante partigiano sui monti della Jugoslavia e aveva ottenuto due medaglie d’argento al valor militare. Poi era stato uno dei fondatori del PCI di Ragusa divenendo uno dei dirigenti più noti. Tuttavia Giovanni aveva ideali nuovi che erano nutriti dalla rivolta giovanile del Sessantotto e già nel 1968 andò nella Valle del Belice con i soccorritori dopo il terremoto. La sua indole era schiva, riservata e generosa. Un giovane sensibile che utilizzava l’ironia e l’autoironia nel suo modo di vivere intriso dei valori della libertà,della democrazia e della giustizia sociale. Giovanissimo iniziò la sua collaborazione per l’Ora di Palermo ,giornale poco letto nella sua provincia organo di stampa che fondava la sua esistenza sulla denuncia sociale e politica. Scrisse anche per “L’Opposizione di Sinistra” e per “l’Unità” dal 1969 al 1972 anche se il tesserino di pubblicista gli venne assegnato dall’Ordine dei Giornalisti solo dopo la sua morte. Si interessò ai lavoratori e stette sempre dalla loro parte: scrisse della crisi dell’agricoltura, e delle condizioni in cui gli uomini erano costretti a lavorare nelle serre. Si occupò delle problematiche cittadine, prima fra tutte la carenza di risorse idriche. Fece interessanti analisi economiche e sociali, politiche, di cronaca.
Tra la fine degli anni Sessanta e i primissimi Settanta pubblicò un’ampia e approfondita inchiesta sul neofascismo. Concentrò la sua attenzione sui traffici illeciti che vi erano nelle acque siciliane, infestate da un fiorente contrabbando di sigarette e dove sbarcavano anche navi cariche di armi. Giovanni iniziò a indagare anche sul traffico di reperti archeologici, attività in cui erano coinvolti delinquenti e personalità importanti della società che avevano un collegamento con la Destra. Fece anche inchieste coraggiose sulla crisi dell’agricoltura, e sulle condizioni dei lavoratori in cui gli uomini erano costretti a lavorare nelle serre. Spampinato scrisse articoli che fecero clamore gettò una luce anche sulla speculazione edilizia e sul malaffare che prosperava a Ragusa. Nella Città vi era una radicato estremismo di destra con campi di addestramento di forze paramilitari e organizzazioni neofasciste
Questo suo lavoro di cronista d’inchiesta lo svolse non solo a Ragusa ma anche a Catania e Siracusa riuscendo a documentare le attività clandestine e i rapporti delle organizzazioni di estrema destra locale con la criminalità mafiosa. In particolare riuscì a scoprire le attività illecite dai traffici di opere d’arte, a quelle di armi, sigarette e droga che avvenivano con esponenti di primo piano del fascismo eversivo nazionale e internazionale. Per l’Italia fu un periodo in cui vi erano personaggi ambigui e inquietanti che operavano in quella che venne denominata la strategia della tensione iniziata nel dicembre del 1969 a Milano con la terribile strage di inermi cittadini nella Banca Nazionale dell’Agricoltura a Piazza Fontana.
La notte del 27 ottobre 1972 Giovanni Spampinato venne colpito a morte da sei pallottole esplose da due pistole. Il killer era Roberto Campria, figlio del presidente del tribunale di Ragusa. Campria aveva trent’anni e venne anche un indiziato di un altro omicidio, quello del commerciante di antiquariato e oggetti d’arte, l’ing. Angelo Tumino, ucciso sempre a Ragusa il 25 febbraio dello stesso anno. Giovanni aveva ampiamente indagato sull’omicidio di questo commerciante di antiquariato, da sempre fascista ed ex consigliere al consiglio comunale del Movimento Sociale Italiano. Tumino era stato trovato morto nelle campagne di Contrada Ciarberi, a pochi chilometri da Ragusa. Spampinato indicò la pista degli ambienti frequentati dall’ingegnere che era quello della borghesia cittadina e dei neofascisti.
A proposito di questo omicidio Giovanni Spampinato aveva preso posizione affermando che c’era una pista che portava dentro il Palazzo di Giustizia e che,quindi, di conseguenza come prevede e prevedeva la procedura, l’inchiesta penale doveva essere affidata ai giudici di un’altra città. Tuttavia tale inchiesta non fu trasferita e il giovane cronista fu al centro di critiche dure e pesanti,venne isolato nell’ambiente dei corrispondenti. Ad oggi, del delitto Tumino non si conoscono ancora esecutori, mandanti e movente. Tumino non era un delinquente qualunque ma si è accertato che trafficava in reperti archeologici.
Appunto solo dopo tre giorni tale delitto Giovanni scrisse e scoprì che subito dopo il ritrovamento del corpo dell’ingegnere, il sostituto procuratore incaricato delle indagini aveva interrogato un amico della vittima, figlio di un magistrato di Ragusa nonché presidente del Tribunale, Roberto Campria, che non nascondeva la sua passione per le armi intrattenendo anche relazioni pericolose con trafficanti di opere d’arte. Campria venne convocato dagli inquirenti e confermò di essere amico dell’ingegnere Tumino ma di non sapere neanche che fosse morto. Descrisse il mondo che frequentavano entrambi, sempre nell’ambito di acquisto e commercio di materiale antico. Tante furono le stranezze che Giovanni scoprì su Campria e,comunque, quet’ultimo non fu mai né formalmente accusato né formalmente indagato. Quello dell’ingegnere Tumino rimase un omicidio irrisolto. Giovanni invece era sicuro che Campria fosse responsabile in qualche modo anche se non da solo per quell’omicidio, nonostante che lo stesso Campria dichiarasse la sua estraneità ai fatti.Proprio perché accusato si avvicinò spesso a Giovanni per chiedergli di scrivere articoli che affermassero l’innocenza. Giovanni invece non ne volle sapere e anzi cercò di convincerlo a divenire reo confesso . Falliti questi tentativi Campria decise di uccidere Spampinato. Il 27 ottobre 1972 Campria telefonò a Spampinato per incontrarlo e facendogli intuire anche la possibilità di una sua confessione. Nonostante il timore che aveva Giovanni lo incontrò e il neofascista lo uccise a bruciapelo con cinque colpi di pistola nella sua auto costituendosi subito dopo.
Il contesto dell’omicidio avvenne nei giorni in cui il coraggioso cronista aveva rivelato che a Ragusa vi era la presenza a Ragusa del estremista neofascista e “bombardiere nero” Stefano Delle Chiaie che risultava ricercato per le bombe del 12 dicembre 1969 all’Altare della Patria e di altri noti fascisti romani legati a Junio Valerio Borghese, che nel dicembre del 1970 aveva tentato un colpo di Stato. Uno di questi personaggi, Vittorio Quintavalle, fu anche interrogato dagli inquirenti che seguivano le indagini sul delitto Tumino e questo rafforzò nella mente del cronista l’impressione che l’omicidio potesse essere collegato alle trame eversive che stava documentando. Tanto più che i contatti fra Campria e Tumino e fra questi e i trafficanti di estrema destra erano molto frequenti. Fu assassinato prima di poterlo dimostrare questa sua ricerca coraggiosa e tenace della verità. Per l’omicidio di Giovanni Spampinato, invece, si tenne il processo nel 1975 a Siracusa, al termine del quale Campria venne condannato a 21 anni di carcere.
La pena venne ridotta da 21 a 14 anni di reclusione dalla Corte d’Appello di Catania, che riconobbe tra l’altro la seminfermità mentale per Campria. E pertanto alla fine scontò solamente 8 anni, nel manicomio di Barcellona Pozzo di Gotto.Nel settembre 2007, Giovanni Spampinato è stato insignito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del Premio Saint Vincent per il giornalismo alla memoria.