L’esecuzione mafiosa di Beppe Montana

Beppe Montana è stato un eroico poliziotto morto per mano mafiosa. Nativo di Agrigento visse lungamente a Catania in quanto con la famiglia si spostò nella città etnea per motivi di lavoro essendo un funzionario di banca. do
Bisogna ricordare sempre la storia di questo uomo che servì lo Stato e che a soli 33 anni venne ucciso in una calda giornata di fine luglio del 1985. Laureatosi in legge nell’ateneo catanese sin da giovane Montana dimostrò di possedere grande talento e una forte tenacia riuscendo a vincere immediatamente il concorso per entrare in Polizia.
Fece parte della Squadra mobile di Palermo ed in seno a questa fu messo a capo della neonata sezione “Catturandi”, che si occupò della ricerca dei latitanti. In questa veste ottenne quasi immediatamente risultati importanti riuscendo a scoprire nel 1983 l’arsenale di Michele Greco ed assicurando alla giustizia nel 1984 Tommaso Spadaro,che, per una strana e singolare circostanza del destino, fu amico d’infanzia di Giovanni Falcone, ma che crescendo come spesso capita, prese una brutta via divenendo un boss mafioso che si arricchì con il contrabbando di sigarette e, poi, con il traffico di droga. Montana collaborò attivamente al “maxi blitz di San Michele”, eseguito del pool antimafia, che portò ad eseguire 475 mandati di cattura. Iniziò una fattiva attività investigativa in piena sintonia con il pool antimafia di Palermo. Pertanto lavorò a stretto contatto soprattutto con il giudice Rocco Chinnici, che fu il mallevatore e ideatore del pool antimafia. In questo contesto Montana si distinse su tutti i fronti nella lotta a Cosa Nostra. Nell’occasione dell’attentato mortale al giudice Chinnici, Beppe Montana ebbe la consapevolezza dei rischi che correva e dichiarò: “A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà”. Nei giorni antecedenti al suo omicidio, tre giorni prima, la sezione “Catturandi” arrestò otto uomini di Michele Greco anche se quest’ultimo riuscì a sottrarsi alla cattura. Intanto Montana svolse indagini delicate per catturare un latitante Salvatore Montalto che si nascondeva nel territorio di Ciaculli, controllato da Pino Greco, detto “Scarpuzzedda”. Montana fece di tutto per convincere l’amante di Scarpuzzedda a consegnare lo stesso alla giustizia. Poi riuscì a svolgere indagini assai profonde e pregnanti per arrivare agli assassini dell’agente Calogero Zucchetto, infiltrato nelle mafia di Ciaculli, che fu ucciso nel novembre 1982 da Greco in quanto stava per arrivare proprio all’arresto di Montalto. Montana fu un poliziotto che infastidiva i traffici illeciti di cosa nostra e,quindi, i mafiosi diffusero la “voce falce” che lui insieme al suo superiore Ninni Cassarà avrebbero ordinato niente meno agli agenti che Greco e Prestifilippo non sarebbero stati catturati vivi. Montana,invece, fu un funzionario rispettoso delle leggi e fu molto legato, appunto, all’agente Zucchetto. Infatti fu l’animatore del comitato in memoria di Zucchetto che si occupò di promuovere i valori della legalità. Anche il suo rapporto umano e professionale con Cassarà, fu profondo. Ambedue furono uccisi e Ninni Cassarà fu eliminato da Cosa Nostra nove giorni dopo davanti la propria abitazione. Beppe Montana ebbe un pessimo rapporto . Mentre pessimo fu il rapporto di“ collaborazione” con un altro funzionario, Ignazio D’Antone, che fu sospettato di collusioni con la criminalità organizzata ed in particolare con il boss Pietro Vernengo, fratello di Antonio e quest’ultimo fu arrestato in una brillante operazione proprio da Montana. Beppe Montana svolse anche un’indagine sul Palermo calcio, che condusse in carcere il presidente Salvatore Matta per una gestione disinvolta e spregiudicata della società sportiva. Beppe venne ucciso il giorno prima di andare in ferie mentre si trovava a Porticello ,frazione del Comune di Santa Flavia, vicino al porto dove il poliziotto ormeggiava il motoscafo. In quegli la mafia uccideva d’estate e succedeva anche che il giornale La Sicilia rifiutasse un necrologio scritto da Luigi Montana, padre di Beppe, in cui si affermava: “La famiglia con rabbioso rimpianto ricorda alla collettività il sacrificio diBeppe Montana. Commissario di P.s.. Rinnovando ogni disprezzo a mafia e ai suoi anonimi sostenitori”. Ogni ulteriore commento appare superfluo.