L’omicidio camorrista di Don Peppe Diana,martire dell’amore cristiano per il suo popolo

Quando le mafie decidono di uccidere un prete significa che erano alle corde e che stavano per perdere il consenso sociale nel territorio in cui operano. Un caso emblematico che scosse la coscienza del Paese e dell’Europa fu quello di Don Peppe Diana assassinato dalla camorra a Casal di Principe all’età di trentacinque anni. Era un uomo inerme e indifeso che resta nel ricordo indelebile di chi l’ha conosciuto e che da sempre aveva deciso di impegnarsi sul piano religioso e spirituale, proteso alla missione di far crescere una coscienza civile e un’educazione morale che mettesse al bando la violenza e il malaffare.
Proveniva da una famiglia di proprietari terrieri e la sua vita si svolse prevalentemente a Casal di Principe dove nacque nel 1958.A dieci anni entra nel seminario di Aversa frequentando prima la scuola media e poi il liceo Classico. Approfondisce gli studi teologici nel seminario di Posillipo presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale dove riesce a laurearsi in Teologia Biblica. Mentre successivamente consegue un’altra laurea in Filosofia presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II .A vent’anni nel 1978 fa parte dell’AGESCI(Associazione Guide e Scouts Italiani ) e si distinse per le sue doti di guida divenendo caporeparto fino a svolgere il ruolo di assistente ecclesiastico. All’età 24 anni viene ordinato sacerdote.
Nel settembre del 1989 viene assegnato alla Parocchia di San Nicola di Bari a Casal di Principe ricoprendo anche l’incarico di segretario del vescovo della Diocesi di Aversa mons. Giovanni Gazza. Don Peppe fu anche insegnante di materie letterarie presso il liceo legalmente riconosciuto del seminario Francesco Caracciolo nonché di religione cattolica presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale “Alessandro Volta” e l’Istituto Professionale Alberghiero di Aversa.
Don Giuseppe Diana si fece carico con spirito di sacrificio e abnegazione in favore dei poveri e degli emarginati e cercò di sostenere venendo incontro concretamente nei bisogni delle persone vittime del dominio della camorra. Sono anni drammatici di violenza con il controllo assoluto del territorio di Casal di principe ad opera del Clan dei Casalesi. Il boss della camorra che dominava era Francesco Schiavone, detto “Sandokan”. La camorra gestiva i traffici illeciti dell’area del casertano e nel frattempo si è infiltrata negli appalti degli enti locali penetrando in profondità nella maglie dell’economie legale trasformandosi “camorra imprenditrice”.
La mattina del 19 Marzo 1994 verso le 7.20 proprio nel giorno del suo onomastico don Diana si preparava per celebrare la messa e un camorrista entra in sacrestia nella Chiesa di San Nicola di Bari facendo fuoco con una pistola e scaricando cinque colpi di pistola sul sacerdote. Le pallottole lo colpiscono alla testa, sul volto e sul collo provocando la morte istantanea di Don Giuseppe Diana. Un omicidio brutale e sconvolgente avvenuto in un luogo sacro e le aprole del Papa Giovanni Paolo II pronuncia parole commosse di dura condanna durante l’Angelus del 20 Marzo 1994.
Anche in queste indagini si assistette ad un tentativo di depistare le indagini infangando e screditando l’immagine di Don Peppe che venne calunniato quale un frequentatore di prostitute, nonché di essere pedofilo e persino di detenere custode le armi che erano destinate a uccidere il procuratore Cordova. Anche i giornali scrissero articoli vergognosi e infamanti come per esempio il Corriere di Caserta che fece un articolo in prima pagina “Don Diana era un camorrista” e subito dopo un altro ancora più squallido e misero “Don Diana a letto con due donne”. Questi articoli tendevano ad accreditare la voce falsa che non fosse vittima della camorra, bensì associato ai clan della camorra. Le indagini scoprirono ben presto il mandante dell’omicidio che era il camorrista Nunzio De Falco, il quale venne condannato all’ergastolo nel Gennaio del 2003. L’autore materiale dell’omicidio fu Giuseppe Quadrano che si costituì divenendo collaboratore di giustizia. Quadrano ottenne uno sconto di pensa e fu condannato a 14 anni. Gli altri complici dell’efferato delitto furono Mario Santoro e Francesco Piacenti condannati all’ergastolo dalla Corte di Cassazione nel marzo del 2004.
Don Giuseppe Diana redasse una lettera documento nel Natale del 1991 dal titolo “Per amore del mio popolo”,(da cui è stato tratto anche un film Rai) che venne diffuso in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana sottoscritta insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe, che è un manifesto unico e emozionante dell’impegno contro il sistema criminale della camorra che probabilmente fece scattare la sua condanna a morte.Don Peppe è stato un grande sacerdote sorretto dall’amore cristiano per il suo popolo pronto al martirio in difesa della gente dalla violenza e dalla prepotenza camorrista.