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Cercare di giustificare

La scissione di Livorno del 1921 come una necessità della storia, è un palese e goffo tentativo di autoassoluzione da parte di alcuni che cercano di spiegare arrampicandosi sugli specchi una scissione voluta essenzialmente da Lenin che a sua volta considerava traditori i socialisti riformisti italiani perché non furono capaci di trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria; ossia si rimproverava ai socialisti riformisti la posizione neutralista espressa nella formula del “non aderire e del non sabotare”.

Non a caso si cercò nel Congresso di Livorno di dividere l’ala massimalista di Giacinto Menotti Serrari da quella gradualista riformista di Filippo Turati, cosa che non avvenne, perché  se si esclude Amadeo Bordiga, ed il gruppo torinese di Ordine Nuovo, i massimalisti vollero salvaguardare l’unità del partito per poi lasciarlo definitivamente nel 1922: la montagna partorì il topolino che  grazie all’appoggio politico e soprattutto economico di Mosca e dell’Internazionale riusci a stabilizzarsi e diventare attivo.

E Gramsci? 

Posizione anomala la sua; difatti pur essendo diventato uno dei maggiori sostenitori del leninismo, doveva fare dimenticare le posizioni assunte nel 1914 quando il giovane politico sardo ebbe seri problemi con il Partito Socialista Italiano per avere pubblicamente espresso il suo interventismo a favore della guerra e per avere sposato le tesi di Benito Mussolini che erano in netto contrasto con la posizione ufficiale dei Socialisti Italiani.

Vicenda raccontata, ma mai veramente approfondita e che non può essere considerata posizione accidentale perché, come spiega Luigi Nieddu nella sua approfondita bibliografia, Gramsci fu sospeso dal partito e salvato da Angelo Tasca che avrebbe garantito per Gramsci stesso le scuse al partito (scuse che Gramsci, nonostante il perdono, non fece MAI!).

Gramsci temeva di essere attaccato per essersi compromesso nel 1914, non a caso adottò un profilo basso durante il Congresso di Livorno.

Una posizione politica nella quale il cosiddetto  “realismo gramsciano” non è  altro che una leggenda metropolitana voluta da chi ha voluto santificare laicamente Antonio Gramsci.

In altre occasioni il cosiddetto “realismo gramsciano” sarà esiziale per la lotta al fascismo. Ma valle a spiegare a coloro che negano l’evidenza cartesiana dei fatti.

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Nato a Riposto nel 1966, laureato in Filosofia a Catania nel 1991, dopo la gavetta nelle scuole legalmente riconosciute, dal 1996 accetta incarichi a tempo determinato in provincia di Sassari (Olbia, Ozieri, Alghero, Sassari) ottiene l'abilitazione all'insegnamento nel marzo 2000, e nel 2007, dopo avere lavorato per 5 anni al Liceo Classico della Maddalena, viene assunto a tempo indeterminato presso il Liceo Classico di Olbia dall'anno scolastico 2007/2008 divenendo titolare sino al 2016.Nel 2015 torna ad insegnare in Sicilia e dal 2018 ha preso la cattedra del Liceo Classico Michele Amari. Si è occupato di politica giovanissimo militando nell'arco dal 1983, nel 1990 si iscrive nel PCI, diventa membro del direttivo del PDS. Nel 2013 fonda la pagina FB Ripostesi per l'Alternativa e poi l'Angolo di Coordy diventando un opinionista locale sempre più apprezzato dai lettori per le analisi politiche locali. Ama leggere, giocare a scacchi frequentando circoli e partecipando a tornei singoli e a squadre, ascolta jazz ( dal 1991 al 2000 ha condotto un programma su Radio Eurosicilia International il cui nome è Jazztrain) e da qualche anno suona il contrabbasso.
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