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Dune

Regia di Denis Villeneuve, con Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaacs, Zendaya, Stellan Skarsgard, Javier Bardem. Usa, 2021 (155’). In streaming su Now Tv e Sky

Ci sono storie maledette, come ad esempio il “Don Chisciotte”, alla cui trasposizione cinematografica hanno lavorato senza successo tanti registi, compreso Orson Welles, scontrandosi con ogni sorta di difficoltà, set interrotti, protagonisti deceduti, produzioni insolventi… E poi c’è “Dune” il romanzo fantascientifico di Frank Herbert che molti registi (tra cui Alejandro NJodorowski) avrebbero voluto dirigere ma che soltanto David Lynch, nel 1984, aveva portato sul grande schermo. Villeneuve dice che aveva sempre pensato di farlo, e adesso, che ha portato a casa sei Oscar e l’ok della produzione per il sequel che aveva già in programma, può dirsi uno dei pochi fortunati ad essere uscito indenne da un progetto così follemente ambizioso. Sì, perché il film, nella sua prima parte, non ha svolte accattivanti, né riesce a coinvolgere il pubblico nella improvvisa trappola tesa al principe Atreide, padre del protagonista, attirato sul pianeta Arrakis solo per poter essere sconfitto nell’ambito di una più ampia strategia dell’imperatore delle galassie. Bisognava prima potersi affezionare ai personaggi, essere parte del loro mondo, delle trame segrete ordite dalla strana setta della “Sorellanza” di cui farebbe parte anche la madre del giovane Paul Atreides, oppure della resistenza che su Arrakis era stata fatta dai nativi Fremen nei confronti degli arroganti Arkonen che avevano diritto allo sfruttamento della “Spezia” sul pianeta. Ma tutto questo scivola troppo velocemente sulle Dune di questo deserto in cui si nascondono (anche troppo) le insidie mortali dei giganteschi “vermi”, fino alla imponente battaglia e alla fuga del giovane erede con la madre. Villeneuve quindi punta tutto sull’atmosfera, sul fascino dei luoghi, sul mistero che si deve svelare a poco a poco, sul giovane protagonista che “vede” il suo futuro, ma a brandelli, come pezzi di un puzzle che solo a partire dall’incontro con i Fremen potrà iniziare a ricostruirsi. Ecco quindi che le statuette alla fotografia, alla scenografia, al montaggio, al sonoro, agli effetti speciali, e alla colonna sonora di Hans Zimmer acquistano l’opportuna rilevanza, quasi che a questi apporti sia stato consegnato il compito di farci entrare, a poco a poco, nell’universo fantastico di Frank Herbert. E a poco a poco, in effetti, veniamo coinvolti nel mondo di Paul, nella sua sfida quasi impossibile, e quindi nel suo destino, in parte già segnato, ma che deve svolgersi comunque dinanzi ai suoi e ai nostri occhi a mano a mano che fa le sue scelte. Alla fine si esce soddisfatti, ma è come avere assistito a una lunga anteprima, alla costruzione di quella che sarà una trilogia di cui abbiamo potuto assaporare alcune suggestioni e alcune anticipazioni. A meno che non abbiamo una certa età e abbiamo potuto confrontare l’anteprima di Villeneuve con il film di Lynch, di cui esiste una versione di quasi tre ore a dimostrazione che il romanzo di Herbert si presta più a una lunga serie tv che a un semplice lungometraggio.

voto: 7 e mezzo

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Rosario Lizzio, nato nel '58, da giovanissimo viene folgorato dalla passione per il cinema e, al V ginnasio a Giarre, inizia a tormentare compagni e amici con cineforum su Pasolini, Bergman, Truffaut, Kubrick e altri autori contemporanei. Dal 1979 al 2002 gestisce un cinema d'essai e un'arena estiva a Catania, ospitando registi e attori e realizzando varie rassegne molto seguite. Scrive anche sulla pagina degli spettacoli de La Sicilia, realizza corsi di formazione e poi insegna per cinque anni "Storia e critica del cinema" all'Università di Catania. Per dimostrare di conoscere altro al di fuori dei film, si occupa di migranti (al C.A.R.A. di Mineo), di video, comunicazione, siti web, giornalismo e scrittura. Per la sceneggiatura del film "The Wait" vince un premio al 49° World Fest di Houston. Ultimamente di lui non si hanno più tracce nella vita mondana catanese.
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