Il nazionalismo tra scienza e cultura

Il mondo che si divide fra “Noi” e “Loro”. Un meccanismo che divide in due ciò che sta dalla nostra parte e dalla parte del “diverso”. Un sentimento che non unisce ma divide. Un’ideologia che nasce secoli fa, che si è evoluta nel tempo e che è arrivata nel nazionalismo tossico che è oggi. Sì, proprio il nazionalismo che è tanto decantato dagli slogan politici oggi che promettono di mettere “prima” individui di una certa appartenenza sociale, nazionale, storica o culturale. “Prima” e non alla pari.
In ambito scientifico non parliamo esattamente di “ideologie” ma ciò che accomuna il pensiero nazionalistico e il comportamento degli animali è molto simile: quello che viene considerato “diverso” (non familiare, non riconosciuto) viene fatto fuori. È la dura legge della natura che, però, deve ricordarci la sostanziale differenza che c’è fra noi esseri umani e un animale. È il procedimento meccanico della naturale distinzione fra “il nostro gruppo” ed “il loro gruppo” che ci porta a distinguere le persone non sono in base al loro colore della pelle (il nazionalismo sfocia, purtroppo, nel razzismo) ma anche alla loro identità culturale, sociale, politica o anche, banalmente, di appartenenza per una squadra di calcio, ad esempio. Nel corso dei secoli questa grande distinzione fra il bianco e il nero, senza una via di mezzo nella zona grigia, l’uomo l’ha sempre fatta. Il nazionalismo, infatti, incorpora tutte le forme di discriminazione che nel corso della storia hanno creato vittime e carnefici, aggressori e aggrediti: la religione, l’ideologia politica, l’appartenenza ai ceti sociali, così come il triste ma attuale distinguo per il colore della pelle. Ma l’ideologia nazionalista, per la quale ciò che è simile a noi è sicuro e ciò che non lo è ci spaventa, si acquisisce con il tempo. Sebbene siamo portati a credere che siano le influenze dei genitori ad orientare i bambini, questo non risulta sempre vero: nei bambini ciò che è familiare risulta immediatamente amico, di facile integrazione nella sfera del proprio essere. Senza dubbio, la società e il modo di vedere, comprendere ed interpretare certe ideologie e tematiche influenzano profondamente il nostro modo di approcciarci alla realtà.
Il problema, allora, non risiede solo nel comportamento scientifico della specie la quale la maggior parte delle volte agisce “per natura”. Il problema si presenta quando vi è un “salto” quando, cioè, il principio scientifico incontra l’intelletto umano e si propaga a macchia d’olio nella macchina della propaganda politica dei nostri giorni. Anche in questo caso, negli ultimi anni, abbiamo assistito a delle vere e proprie nascite di blocchi ideologici e culturali. Dal più noto “Make America Great Again” (o “America First”) di Donald Trump, allo slogan “Prima gli italiani” di Matteo Salvini. Qui l’istinto naturale del “Noi” e del “Loro” si fonde con l’idea del nazionalismo creando una sorta di connubio perfetto fra ciò che è “giusto” e ciò che non lo è. Non a caso tutti gli slogan nazionalistici sfruttano intelligentemente la parola “prima”. Mettere prima qualcuno a qualcun altro pone una situazione di dislivello e di disuguaglianza andando praticamente a violare quanto dichiarato nel primo articolo della carta dei diritti fondamentali dell’uomo. Se tutti gli uomini sono liberi ed eguali non vi è alcuno spazio per un principio che ponga “prima” qualcosa. Questo è il principio che ha sviluppato il nazionalismo tossico dell’ultimo decennio, che porta a pensare che ciò che è diverso è pericoloso e ciò che è uguale è amico. Spesso, lo sappiamo bene, non è esattamente così. I nazionalisti conservatori, per altro, sanno bene dove e a cosa puntare per il consenso della propria base elettorale.
Se abbiamo fin qui detto che per natura l’animale si scontra con il diverso e che questo principio, se trasportato nell’uomo, sfocia nel naturalismo ci viene facile pensare che nessuna ideologia potrebbe prendere in considerazione l’idea di un nazionalismo “sano”, un’idea per la quale il proprio paese non si chiuda ma, al contrario, si apra, un nazionalismo che esalti il prendersi cura del “diverso” proprio in quanto tale perché ad esaltare la diversità siamo bravi tutti ma a renderla terreno fertile per l’equità siamo bravi in pochi. Ecco, questa dovrebbe essere l’ideologia nazionalista per eccellenza, puntare su quanto di positivo il proprio paese possa fare per una qualunque causa sociale e culturale, un nazionalismo che esalti i valori dell’apertura e che miri non ai confini interni per i quali i nazionalisti di oggi patteggiano ma a quelli esterni ed esportare quanto di buono ci sia. I valori di uguaglianza devono essere un principio primo della nostra natura e che prescindano da qualsiasi orientamento politico. La nazione non deve essere vista in ottica di chiusura, specie in un contesto storico e culturale come quello che stiamo vivendo, in cui conosciamo le leggi cosiddette “morali” ma dalle quale ci allontaniamo. Kant, allora, direbbe che siamo “naturalmente malvagi”.
Un ringraziamento ad un’amica, Michela Spampinato, per la collaborazione.