Di famiglie e buoni sentimenti: l’Oscar premia gli outsider e la tecnica

E alla fine né il favoritissimo “Il potere del cane”, né lo sfavillante Spielberg di “West Side Story” hanno avuto la meglio nella corsa agli Oscar 2022. Solo “Dune” fa il pieno di statuette, tutte tecniche naturalmente (fotografia, montaggio, colonna sonora, scenografia, suono ed effetti speciali), mentre gli altri si devono accontentare della vittoria in alcune categorie prestigiose. Jane Campion strappa l’Oscar come miglior regia, Spielberg garantisce una statuetta ad Ariana De Bose come attrice non protagonista, e Kenneth Branagh si accontenta del premio per la migliore sceneggiatura originale per il suo, autobiografico, “Belfast” . La parte del leone, in qualche modo, la fa l’outsider “CODA”, reintitolato in Italia “I segni del cuore”, che è il remake di un film francese del 2014 che si era attirato gli strali della comunità dei non udenti. Tratta infatti di una famiglia in cui i genitori e il figlio maggiore sono non udenti, mentre la figlia è l’unica ad avere avuto il dono dell’udito. In Francia non è piaciuto come sono stati presentati i personaggi privi dell’udito, mentre nel remake americano hanno avuto l’intelligenza di far interpretare i medesimi personaggi ad attori con la stessa disabilità. CODA è un acronimo e sta per “Children of Deaf Adults”, ad indicare i figli di famiglie non udenti che nascono e crescono con due culture. Il film ha vinto l’Oscar come miglior film, miglior sceneggiatura non originale e come attore non protagonista per Troy Kotsur (che interpreta il padre della protagonista). Un film per famiglie sulla famiglia, dove i sogni della figlia stanno per infrangersi nella necessità di dare supporto ai genitori, piuttosto che abbandonarli per inseguire la propria vita andando ad una audizione canora. Naturalmente il lieto fine è assicurato, e i buoni sentimenti prevalgono, come vuole la Hollywood di un tempo. In fondo anche Will Smith (a parte la brutta parentesi della sberla a Chris Rock su cui sorvoliamo) vince la statuetta come attore protagonista per un film, “King Richard – Una famiglia vincente”, dove interpreta il padre delle due sorelle Williams, reginette del tennis mondiale. E la famiglia, in qualche modo, è anche protagonista del film di Jane Campion, dove è un figlio, che sembra debole e viene ridicolizzato da tutti, ad avere la meglio nel microcosmo in cui si trova costretto a vivere, salvando in qualche modo la madre da un destino di alcoolismo. Qui i buoni sentimenti però sono messi da parte, ed anche il lieto fine in realtà deriva da un atroce delitto. Anche Jessica Chastain, già bravissima interprete di “Scene da un matrimonio”, che vince la statuetta come miglior protagonista con il film “Gli occhi di Tammy Faye”, ha a che fare con la famiglia, in quanto sposa e complice di un giovane telepredicatore, anche se alla fine se ne allontana dopo una serie di scandali per riscattarsi come sponsor della causa LGBTQ. Mentre “Belfast” racconta la storia della famiglia di Kenneth Branagh nel contesto della crescita della protesta irlandese. Nessun asso pigliatutto, quindi, nella dorata notte degli Oscar, ma alcune eccellenze premiate nel contesto di una cerimonia che non ha avuto molto coraggio nel guardare al panorama del cinema, fatta eccezione per il giapponese “Drive My Car”, vincitore nella categoria miglior film straniero.