La rivoluzione passiva

Meditazioni su un saggio di Vincenzo Cuoco
“La nostra rivoluzione essendo una rivoluzione passiva, l’unico mezzo di condurla a buon fine era quello di guadagnare l’opinione del popolo. Ma le vedute de’ patrioti e quelle del popolo non erano le stesse.” Vincenzo Cuoco Saggio Storico sulla Rivoluzione di Napoli BUR, introduzione di Pasquale Villari, pagina 153.
In questo passo scritto dal filosofo molisano Vincenzo Cuoco, nato a Civitacampomarano nel 1770 e morto a Napoli nel 1823, troviamo un concetto importantissimo per comprendere quali furono le cause che hanno determinato il fallimento della Rivoluzione Napoletana del 1799 nella quale lo stesso Cuoco fu testimone di quei avvenimenti: ci si riferisce al concetto di rivoluzione passiva; concetto che sarà successivamente ripreso nei Quaderni dal Carcere da Antonio Gramsci ed in particolare nel quaderno 19, un quaderno nel quale Antonio Gramsci svilupperà le sue tesi sui limiti del Risorgimento Italiano, tesi che furono oggetto di dibattito in ambito storiografico che furono ampiamente confutate dagli studi storici sulla Sicilia ed in particolare nel capolavoro di Rosario Romeo intitolato il Risorgimento in Sicilia nel quale le tesi gramsciane sono confutate attracwerso l’analisi economica e sociale svolta da uno storico liberale allievo di Gioacchino Volpe e di Benedetto Croce.
Andiamo per ordine; per ora cerchiamo di approfondire il concetto di rivoluzione passiva, cosa intendeva Cuoco per essa, ed in che modo si sarebbe potuto verificare quello che non accadde: la conquista del cuore delle fasce più basse della popolazione appartenente al Regno di Napoli.
L’opera del Cuoco è un esempio famoso per una serie di motivi che elencheremo.Si confuta definitivamente il luogo comune secondo il quale la storia la scriverebbero i vincitori: Cuoco è uno dei pochi sopravvissuti alla mattanza scatenata dall’Ammiraglio Horatio Nelson contro i “traditori” giacobini che avevano collaborato con l’esercito napoleonico del Generale Championnet;si racconta la genesi della repubblica napoletana nata grazie alla presenza dei soldati napoleonici che hanno formato un governo napoletano che si ispirava al modello emerso durante il periodo rivoluzionario che va dal giuramento della pallacorda sino al mese di termidoro che sancì la fine della rivoluzione e del Comitato di Salute Pubblica;Si cerca di capire come mai gli intellettuali napoletani di formazione illuminista non furono in grado di conquistare il consenso popolare, per cui furono travolti dalla armate sanfediste del Cardinale Ruffo coadiuvate dalla potente flotta comandata dall’ammiraglio Horatio Nelson.
Sono questi i punti chiave per capire come mai la Repubblica di Napoli non è riuscita a consolidarsi; non a caso grazie a questa drammatica esperienza nella quale si era precedentemente scatenata la violenta reazione sia dei Borbone che di Horatio Nelson con la condanna a morte di coloro che furono coinvolti (in appendice al saggio ci sono i nomi delle 156 vittime che furono condannate e massacrate dalla reazione), accadrà che Vincenzo Cuoco, memore di quei tragici fatti, riuscirà ad influenzare con la sua condotta politica i sovrani napoleonici, ed in particolare Re Gioacchino Murat, a conquistare l’appoggio della popolazione napoletana.
Altra cosa il concetto di Rivoluzione Passiva enunciata da Antonio Gramsci nei suoi Quaderni, nei quali applica il concetto al Risorgimento italiano interpretato come fenomeno elitario e non di massa che non ebbe il coraggio soprattutto nel meridione di risolvere la questione agraria; per cui diventa spontanea in Gramsci la deduzione secondo la quale Risorgimento italiano= Rivoluzione passiva (concetto che ad una attenta analisi non regge perché, furono proprio i moti popolari verificatesi in Sicilia dagli anni 20 sino agli anni 60 ad aprire la strada ai processi politici che furono determinanti per l’unione della penisola).
Qui, e ci vorrebbe un altro articolo per mezzo del sarebbe opportuno spiegare a grandi linee come mai lo storico siciliano Rosario Romeo non considera valide sia dal punto di vista storiografico che economico le tesi gramsciane sul Risorgimento, tesi che hanno origine dalla libera interpretazione che lo scrittore sardo applica facendo proprio un concetto teorizzato e brillantemente spiegato da Vincenzo Cuoco.