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Nuovo quotidiano d'opinione e cultura
Il tempo: la ricchezza per l’umanità
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L’uomo, animale sociale che ha paura del giudizio

Dal marzo del 2020 le nostre vite sono cambiate irrimediabilmente: le nostre abitudini, i nostri contatti quotidiani, le nostre passioni. Ci siamo ritrovati da un momento all’altro chiusi fra le mura delle nostre case, con gli stadi vuoti e i teatri deserti. Le nostre interazioni sociali sono calate ai minimi storici, sommerse da comunicazioni digitali che tanto aiutano le nostre comodità odierne, tanto distruggono rapporti e relazioni sociali. 

Da quel momento, proprio da quella divisione forzata, abbiamo imparato a comunicare in un altro modo, per altri mezzi. Abbiamo sviluppato ed eretto dei muri immaginari nelle nostre menti, oltre che digitali nei nostri smartphone. Abbiamo, dunque, scelto da che parte schierarci: se dal lato di chi la pensa come noi o contro chi, invece, ha idee differenti dalle nostre. Di esempi potrei portarne tantissimi: Green Pass, mascherine, vaccini, restrizioni, influenzate da scelte politiche che, dunque, nient’altro hanno fatto che polarizzare ancora di più i cittadini. In un mio articolo, una volta, espressi l’idea che la politica (qualcosa che nasce per consentire la polarità di idee) uccide la scienza (che dovrebbe essere qualcosa di “esatto” e libero dalle catene delle opinioni). Superato il covid, adesso, siamo di fronte alla polarizzazione, da parte dell’opinione pubblica, di un conflitto armato che, come sempre, avrà naturalmente due vedute da parte dei protagonisti: gli atlantisti pro Ucraina e i nazionalisti filo-russi. È naturale. E guai ad esprimersi contro la nostra ideologia o la nostra appartenenza. I muri che abbiamo innalzato fra “noi” e “chi non la pensa come noi” sono più alti che mai, dettati da una forte paura di carattere sociale.

Non è qualcosa che scopriamo adesso: già negli anni ’50 del Novecento Leon Festinger, un sociologo, aveva sviluppato una teoria definita “del confronto sociale”. In sostanza, questa analizzò come gli esseri umani, in qualità di esseri sociali e dunque capaci di comunicare e di sviluppare un pensiero, devono continuamente confrontarsi con gli altri, mettendo sul piano del paragone le proprie abilità, i propri pensieri. Con una discriminante: non si accetta ciò che sta al di fuori del nostro perimetro di logica e ragionamento inducendoci non solo all’accusa reciproca ma, soprattutto, alla totale contrapposizione delle nostre idee che peccano di convergenza nei dibattiti, di fatto, allontanandoci. Non solo. Il sociologo parla anche della “dissonanza cognitiva” ovvero quel meccanismo per il quale un soggetto non accetta delle discrepanze interne ai propri pensieri se rapportati con il mondo esterno. Un modo, insomma, per tappare le ali delle nostre idee, dei nostri pensieri e delle nostre parole perché, in quanto animali sociali, cerchiamo il confronto, che però ci spaventa, ci intimorisce, come se andare contro la “propria parte” del muro equivalesse a dirsi contrari a princìpi e morali non conformi al nostro modus operandi e del modus cogitandi. 

Questa disamina è stata prepotentemente fagocitata dal mondo dei social network dove, oltre all’estrema radicalizzazione del pensiero sociale e politico, si è arrivati ad un modo di confronto che poco rispecchia le caratteristiche del dibattito e calca quelle del conflitto, con le nostre menti che non sopportano il neutrale ma hanno bisogno di catalogare il bene ed il male, dove ciò che va contro il primo è automaticamente assoggettato al secondo. È un fenomeno, questo, destinato ad ampliarsi se non riusciremo a capire, adattare e comprendere i nuovi modi di confrontarci e di comunicare fra di noi che devono non renderci partecipi di una presa di posizione, bensì di un miscuglio di opinioni dove dobbiamo garantire la validità di ognuno di essere perché solo così possiamo evitare radicalizzazioni ed estremismi. Primo Levi diceva che “comprendere è quasi giustificare” ma non necessariamente la giustificazione di un evento equivale a renderlo giusto o sbagliato. Se la storia è arrivata fino a dove è oggi, ovvero con un conflitto quasi mondiale in corso, è perché sui confronti ideologici non si è spinto a sufficienza e a prevalere è stata l’arroganza della ragione e il bisogno di paragonarsi agli altri, per il desiderio di compiacersi e non di livellare le proprie idee su uno stesso piano. La storia, a malincuore, è anche questo. Se saremo complici di un cambiamento comunicativo digitale in negativo sarà anche e soprattutto a causa della nostra incapacità di porci allo stesso piano di qualcuno che ne sa più o meno di noi senza capire, in realtà, che è proprio la trasversalità della discussione che ci permette di raggiungere i nostri obiettivi. 

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Mi chiamo Manuel De Maria, ho vent’anni e sono uno studente all’Università di Catania presso il dipartimento di Scienze Politiche e Sociali. La passione per il giornalismo comincia dagli anni del liceo, periodo in cui cominciai a scrivere per il giornale della scuola e, successivamente, per un progetto portato avanti dalla sezione "Scuola" del quotidiano nazionale "La Repubblica" di cui sono stato anche vincitore di un premio. Inoltre, la mia passione per la politica mi ha permesso di vedere il giornalismo con più pragmaticità e certamente con maggiore attenzione e dedizione, dandomi anche una spinta in più per impegnarmi al massimo anche a livello territoriale. Da qualche anno scrivo in proprio per il mio blog e adesso sono molto felice di poter fare parte della redazione della "Clessidra 2021"!
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