Enormi sprechi dell’acqua nella rete idrica nazionale

Criticità infrastrutturali mai risolti specialmente nei comuni del Sud
Durante la giornata mondiale dell’acqua sono state ancora una volta messe in evidenze problemi che durano da decenni e in particolare che le nostre reti sono ancora un colabrodo. Soltanto nel 2020 è stato disperso 1 miliardo di metri cubi nei grandi comuni. Quindi nel nostro Paese si spreca acqua in grande quantità e si tratta di un problema soprattutto infrastrutturale. Solo del 2020 è andato sprecato il 36,2% dell’acqua immessa in rete nei comuni italiani capoluogo di provincia e città metropolitana, dove risiedono 17,8 milioni di persone, ovverosia il 30% della popolazione. La quota equivale a 41 metri cubi al giorno per chilometro di rete. Sono i dati presentati dal Blue book 2022 sul servizio idrico integrato in Italia della Fondazione Utilitatis, che viene realizzato in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e Istat e con il supporto di Utilitalia. Si tratta del fatto che circa un terzo dell’acqua immessa nella rete si spreca per quantitativo in termini assoluti che è davvero stratosferico, quasi 1 miliardo di metri cubi all’anno e di 2,5 milioni di metri cubi al giorno.
“È un punto percentuale in meno sul 2018, ma ci aspettavamo di meglio”, ha detto il direttore delle statistiche ambientali Istat, Sandro Cruciani, augurandosi che “i dati sugli investimenti ci aiutino ad accelerare la dinamica che è ancora insostenibile“. E ha proseguito dicendo che “ad approfondire alcune realtà territoriali, ci troviamo anche situazioni in cui le perdite sono oltre il 50% . Stiamo parlando di un numero significativo di comuni: ben 27 città tra cui Caserta, Salerno, Pescara e Frosinone“.
Nel report viene analizzato l’assetto infrastrutturale che permane caratterizzato da “diverse criticità che variano in base alle aree territoriali, alla vetustà delle reti acquedottistiche (causa principale delle perdite idriche di rete) e all’adeguamento non ancora completo del sistema fognario e depurativo alla normativa di settore”. Il Blue book esamina in particolare le fasi a valle del ciclo idrico e oggi appare che l’Italia registra sconta ancora i ritardi nell’adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione. Sono ben quattro le procedure di infrazione che abbiamo subito per la mancata o inadeguata attuazione alla direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane.
In particola modo la maggiore difformità ai requisiti imposti dalla norme europee si registrano in prevalenza nelle aree meridionali, “nelle quali spesso sono presenti situazioni di assenza o di inoperatività degli enti di governo, o elevati gradi di frammentazione gestionale, sia verticale che orizzontale, con più operatori che insistono in uno stesso ambito”, si osserva legge ancora nel documento anche se “non mancano però casi di non conformità anche nelle regioni del Centro e del Nord”.
Come sempre dalle nostra parti per superare i contenziosi comunitari sono stati predisposti forme di sostegno economico per gli investimenti infrastrutturali e sono state attivate strutture commissariali di supporto alle amministrazioni locali. E cosi dal 2016 il legislatore ha nominato un Commissario Unico Straordinario la cui struttura prevede il superamento di due dei quattro contenziosi entro il 2026, “con un valore complessivo pari a 2 miliardi di euro“.
Relativamente agli investimenti nella rete il report rileva una crescita costante dal 2012 in poi “dopo anni di instabilità, attestandosi nel 2019 a un valore pro capite di 48,6 euro per abitante (+21% rispetto al 2017)”,che significa l’aumento del tasso medio di crescita annuale di circa il 7 per cento, comunque, ancora oggi ben lontano dalla media europea di circa 100 euro per abitante.
Si rileva in particola modo che l’infrastruttura idrica risulta meno efficiente nei distretti idrografici della fascia appenninica e insulare. In questo senso le perdite più ingenti e superiori al 55% coinvolgono il 24,1% dei comuni dove la metà dei casi sono stati individuati nell’area Centro-Sud, mentre in un comune su quattro (24,6%) le perdite sono inferiori al 25%. Lo stesso si può dire per la situazione degli investimenti dove la stima per il biennio 2020-2021 è pari a 65 euro l’anno per abitante per il Centro, seguito dal Nord-Ovest (52 euro) e dal Nord-Est (48),quindi, più bassa la stima per il Sud, pari a 35 euro l’anno per abitante. Il dato continua a crollare nelle gestioni “in economia”, quando gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico e qui gli investimenti medi annui si attestano a 8 euro. La partita si gioca a questo punto sul tavolo della gestione dei fondi del Pnrr che proprio per la Tutela del territorio e della risorsa idrica stanzia 4,4 miliardi di investimenti, di cui 3,5 miliardi per le aziende del servizio idrico integrato.