Napoli? Te la racconto io

“A Napoli si ride verde”… Una celebre frase di Eduardo De Filippo che con grande capacità di sintesi ben caratterizza le tante contraddizioni della metropoli partenopea e anche, se si vuole, buona parte dell’opera del grande Maestro.
L’effetto della frase è immediato, unico e tagliente, specialmente quando si riflette al fatto che nessuno si sognerebbe mai di dire che “A Milano si ride verde” o “A Roma si ride verde” o “A Parigi si ride verde”.
A Milano, a Roma o a Parigi, come in tante altre parti del mondo, se si ride, “si ride” e basta.
Invece a Napoli si ride “verde” perché il connubio tra sofferenza e gioia di vivere, tra pena e felicità, tra “Miseria e Nobiltà” rappresenta proprio la cifra imprescindibile del DNA della città, del suo popolo, di una storia, di una vicenda che si rinnova di continuo, fatta di mille sfaccettature, spesso in contraddizione tra loro.
Vicenda che si rinnova in maniera originale perché sostenuta da forze inedite e inconoscibili a qualsiasi altra latitudine.
Il noto giornalista di RaiUno Franco Di Mare un paio di lustri fa scrisse un romanzo collegato in qualche maniera alla realtà di fatti realmente avvenuti, che si intitolava “Il Paradiso dei Diavoli”.
Allora possiamo anche ampliare il discorso dicendo che “nel Paradiso dei diavoli si ride verde”.
Contraddizioni al quadrato.
E possiamo anche dare forza ai nostri discorsi con altri esempi, come il testo della canzone di Pino Daniele “Napule è”.
Infatti anche Pino marca in maniera magistrale emozioni contrapposte e ne realizza una canzone semplicemente magica: “Napule è mille culure…Napule è mille paure…Napule è ‘a voce d’e ccriature ca saglie chianu chianu e tu sai ca nun si sulo…Napule è nu sole amaro, Napule è n’addore ‘e mare, Napule è ‘na carta sporca e nisciuno se ne ‘mporta… E ognuno aspetta ‘a sciorta… Napule è ’na cammenata dint’ ’e viche ‘nzieme a ‘ll ‘ati…Napule è tutto nu suonno… e ‘a sape tutto ‘o munno… ma nun sanno ‘a verità”.
Altra sintesi impareggiabile… Quadro a tinte contemporaneamente forti e delicate.
Napoli è così. Proprio come ce la presenta Pino Daniele. E il quadro assume ancora maggior forza e i colori diventano più immaginifici se la canzone la si canta nella più assoluta oscurità, oppure se la si recita come poesia (sempre nel buio), assaporandola parola per parola, accento per accento. Assaporando a un tempo tutto il miele e tutta l’angostura che vi è contenuta. Senza la lusinga dell’intorno.
Esperienza che ho personalmente vissuto e goduto. E non solo io.
Curzio Malaparte, scrittore “maledetto”, autore di uno straordinario romanzo (sempre ambientato tra le macerie e le abiezioni della Napoli dell’immediato dopoguerra) intitolato “La Pelle”, ci tramanda questa straordinaria definizione: “Napoli è la più misteriosa città d’Europa. E’ la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. E’ la sola città del mondo che non è affondata nell’immane naufragio della civiltà antica. Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Napoli non è una città: è un mondo. Il mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno. Napoli è l’altra Europa, che la ragione cartesiana non può penetrare. Non potete capire Napoli. Non capirete mai Napoli.”
Insomma, Napoli un itinerario dello spirito, tra emozioni, sensazioni e contraddizioni.
Ma si tratta di un itinerario che non può essere scisso dalla vicenda storica, a sua volta ammantata da tanti misteri.
E infatti già le origini della città sono piuttosto misteriose. Le stesse si fanno risalire all’ VIII secolo avanti Cristo. Addirittura sembrerebbe che Napoli sia antica quanto Roma, o forse più.
La leggenda (o forse la storia) narra di un drappello di coloni greci, provenienti dalla Penisola Calcidica, che, dopo lunga navigazione, sia approdato sull’isolotto di Megaride, dove ora sorge il Castel dell’Ovo.
E sempre la leggenda narra che la sirena Partenope sia emersa dalle acque per fare dono alla città della sua bellezza.
E’ chiaro che la fondazione di Napoli rappresenta un passaggio centrale di quel processo che porterà nei secoli alla costituzione della Magna Grecia.
Ma tornando alla storia della fondazione, volendo estendere le dimensioni della città, le comunità colonizzatrici si trasferirono nell’entroterra stabilendosi sulla collina che oggi chiamiamo di Pizzofalcone, alle spalle dell’attuale Piazza del Plebiscito, sulla destra rispetto al colonnato della basilica di San Francesco di Paola.
Alla nuova città fu dato il nome di Nea Polis (città nuova), per distinguerla dalla Paleo Polis (Palepoli, città vecchia). E il passaggio da Nea Polis a Napoli è del tutto immediato.
La città nei secoli si estese e cominciò ad acquisire sembianze che sono visibili ancora oggi.
Mura greche sono state portate alla luce in Piazza Bellini (in pieno centro); altre sono alla base della stratificazione sotterranea della chiesa di San Lorenzo.
La struttura dell’attuale Centro Storico ripercorre ancora oggi la struttura della città greca.
Tre “decumani” (“superiore”, “maggiore” e “inferiore”), oggi denominati rispettivamente Via dell’Anticaglia, Via dei Tribunali, Via Benedetto Croce, (ovvero Spaccanapoli), intersecati ad angolo retto da numerosi “cardini” testimoniano della struttura e dell’anima greca della città.
Il più famoso di questi “cardini” è la Via San Gregorio Armeno, nota a tutte le latitudini per l’artigianato di impronta natalizia.
Spaccanapoli è detta così perché per la lunghezza di oltre un chilometro divide (ovvero “spacca”) il Centro Storico in due parti. In realtà è formata da tre segmenti che sono Via Pasquale Scura, Via Benedetto Croce e Via San Biagio dei Librai, terminando poi nella zona di Forcella.
Questa parte della città per decenni fu molto trascurata perché non tutte le Amministrazioni furono pronte e solerti nel valorizzarla.
Ma nell’ultimo quarantennio molto si è fatto per dare dignità alle strade, alle antiche botteghe e ai tanti Palazzi in fregio alle stesse che furono edificati molti secoli dopo. In epoca Spagnola.
Con questo scritto “greco-napoletano” ci fermiamo qui perché siamo arrivati ad una svolta. E’ il 328 a.C. quando la città di Napoli viene conquistata dai Romani.
Ma questo sarà oggetto di un altro racconto.