La storia di Placido Rizzotto, immortale simbolo della lotta alla mafia

Un simbolo celebre e imperituro della lotta alla mafia è Placido Rizzotto. Placido nacque a Corleone nel 1914 da una famiglia numerosa composta da sette figli ed era un giovane sveglio pieno di volontà, intraprendente e vitale. Rimase orfano di madre e il padre venne arrestato poiché era accusato di fare parte di un’associazione mafiosa. Il giovane Placido dovette in seguito a tutte queste vicende turbolente e dolorose farsi carico della famiglia facendo notevoli sacrifici e, altresì, queste traversie servirono a forgiare la sua indole forte e orgogliosa . Nella seconda guerra mondiale fece parte dell’esercito prestando servizio anche in Friuli Venezia Giulia arrivando al grado di sergente. Dopo l’armistizio dell’8 settembre fece parte delle brigate partigiane “Garibaldi” maturando una solida coscienza politica e aderendo agli ideali socialisti. Rientrato a Corleone al termine della guerra, iniziò la sua attività politica e sindacale. Dapprima divenne presidente dei reduci e combattenti dell’ANPI di Palermo e successivamente ricoprì incarichi di primo piano nel Partito Socialista Italiano e nella CGIL, fino a essere eletto, nell’ottobre del 1947, Segretario della Camera del Lavoro di Corleone. Quelli furono anni di grandi battaglie sociali in cui Placido si distinse per coraggio e determinazione, schierandosi apertamente nella lotta di riscatto dei contadini e dei braccianti agricoli, da sempre sottoposti al giogo dei grandi latifondisti e e dei proprietari terrieri legati alla mafia. Nell’ottobre del 1944, Fausto Gullo, il Ministro dell’Agricoltura del Governo Badoglio, varò alcuni decreti in materia agraria, che contenevano i germi di una profonda e innovativa riforma agraria. In modo particolare veniva prevista la concessione delle terre incolte e mal coltivate ai contadini e la modifica dei contratti agrari. Misure che puntavano alla dignità dei lavoratori della terra e che, quindi, mettevano in discussione l’egemonia e il potere dei latifondisti e dei mafiosi. Tali leggi in Sicilia venivano boicottate e disattese opprimendo nella povertà e nella schiavitù intere generazioni di contadini. Placido Rizzotto non accettava questa condizione e si mise a capo del movimento contadino, organizzandolo con continue manifestazioni di rivendicazione e di occupazione delle terre.
Vi erano state le elezioni del 6 ottobre ’46 e successivamente quelle del 20 maggio del 1947 a dare forza ai contadini con un chiara indicazione della volontà di cambiamento in cui il “Blocco del popolo”, la lista di sinistra, raccolse infatti oltre il 44% dei voti. La mafia a Corleone era nelle mani del medico Michele Navarra,il quale non riuscì a fare desistere Placido dalle sue appassionanti battaglie. Il giovane sindacalista proseguì con fierezza la lotta accanto ai contadini convinto com’era che i braccianti andassero difesi dalla violenza e dai soprusi dei proprietari terrieri e dei gabellotti mafiosi. La sera del 10 marzo 1948 Rizzotto aveva finito una riunione e si stava recando a casa con un amico che lo lasciò quasi vicino alla sua abitazione. Qui fece da esca al rapimento un tale, Pasquale Criscione, che lo stesso sindacalista conosceva e si avvicinò simulando un incontro casuale. All’altezza di via Bentivegna Rizzotto venne rapito e caricato di peso sulla 1100 di Luciano Liggio, il braccio destro di Michele Navarra, e condotto in contrada Malvello. Venne pestato a sangue da Liggio, poi ucciso con 3 colpi di pistola. Dopo venne gettato nella foiba di Rocca Busambra. L’atroce fine di Placido ebbe però un testimone scomodo nel pastorello Giuseppe Letizia, dodici anni, il quale accudiva gli animali nei pressi di Rocca Busambra e vide la scena dell’omicidio di Placido vedendo in faccia anche gli assassini. Il bambino rimase talmente sconvolto da cadere in uno stato di delirio e il giorno seguente il padre lo portò all’Ospedale Dei Bianchi proprio diretto proprio da Michele Navarra. Al pastorello venne diagnosticata una tossicosi e fatta una iniezione letale. Le indagini sulla scomparsa di Rizzotto partirono immediatamente sospinti anche dall’azione dei compagni di partito e dalla stampa nazionale che scrisse degli articoli di denuncia e ci fu anche una campagna stampa sulla tragica morte di Giuseppe che venne addebitata ad un avvelenamento . Ci furono i soliti tentativi di depistaggio con investigazioni su una presunta pista passionale . Tuttavia nell’estate del 1949 si occupò del caso il giovane Capitano dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa che riuscì nel dicembre dello stesso anno ad arrestare Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, i quali ammisero la complicità nel rapimento di Placido chiamando in correità Luciano Liggio, indicato come colui che aveva ucciso il sindacalista. Dalla Chiesa riuscì a recuperare i resti di tre uomini, tra cui quelli di Rizzotto che furono poi mostrati ai suoi familiari che dissero “di riconoscere gli scarponi appartenenti al loro familiare Rizzotto Placido”. Tuttavia Collura e Criscione cambiarono la versione davanti ai giudici affermando che le loro dichiarazioni erano state estorte dai Carabinieri. Il processo si chiuse il 30 dicembre del 1952 con la pronuncia della Corte d’Assise di Palermo che assolse tutti gli imputati per insufficienza di prove. Tale sentenza poi confermata nel processo di appello che si concluse nel luglio del 1959 con la decisione della Cassazione di respingere il ricorso della pubblica accusa. Placido Rizzotto barbaramente pestato a sangue e ucciso a colpi di pistola a 34 anni, non ebbe giustizia nelle aule di un Tribunale. Nonostante tutto ciò i compagni di partito e i familiari non si sono mai arresi e hanno continuato a cercare giustizia e verità tentando di recuperare il corpo del sindacalista. Nel 2008 la Polizia tentò di ritrovare le tracce e i resti del corpo di Rizzotto. Il 7 luglio utilizzando un complesso intervento di recupero autorizzato dalla Procura di Termini Imerese e avvenuto con l’ausilio di unità speciali dei Vigili del Fuoco, dal pozzo di Rocca Busambra furono recuperati dei resti umani. La prova del Dna ha accertato che si trattava dei resti di Placido Rizzotto e in quella occasione dopo 64 anni dall’omicidio il Consiglio dei Ministri dispone la celebrazione dei funerali di Stato del valoroso sindacalista. Nella cerimonia a Corleone il 24 maggio partecipò il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A Placido intanto era stata attribuita anche una Medaglia d’oro al merito civile: “Politico e sindacalista fermamente impegnato nella difesa degli ideali di democrazia e giustizia, consacrò la sua esistenza alla lotta contro la mafia e lo sfruttamento dei contadini, perdendo tragicamente la giovane vita in un vile agguato ad opera degli esponenti mafiosi corleonesi. Fulgido esempio di rettitudine e coraggio spinti fino all’estremo sacrificio”.