Nino Di Matteo critica al Csm la nomina di Renoldi al Dap

Il Csm è stato chiamato ad esprimersi per dare il via libera al collocamento fuori ruolo del giudice di Cassazione Carlo Renoldi e in questa riunione del Plenum il componente togato Nino Di Matteo si è astenuto argomentando con puntualità il suo voto.
L’ex pm antimafia ha svolto un intervento critico su questa decisione che dovrebbe essere propedeutica al fine di consentire la perfezione della nomina dello stesso Renoldi al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria già deciso peraltro dal Ministro della Giustizia Cartabia . Di Matteo ha voluto precisare in premessa:
“Non posso in coscienza esprimere voto favorevole all’autorizzazione al collocamento al vertice del Dap di un collega che in occasioni pubbliche ha dimostrato pervicace e manifesta ostilità nei confronti di ambienti e soggetti, anche istituzionali, che avrebbero quantomeno meritato un diverso rispetto”. Carlo Renoldi è stato chiamato a sostituire Dino Petralia al vertice del Dap e tale nomina ha determinato molti malumori anche nel mondo politico poiché Renoldi, aderente alla corrente di Magistratura democratica , è stato estensore di sentenze delicate, come quella che dava la possibilità di autorizzare colloqui via Skype per i mafiosi detenuti nel regime del 41bis. Ma soprattutto si sono rievocate alcune dichiarazioni che Renoldi ha fatto che lasciano particolarmente perplessi come quelle in cui si affermava che la certezza della pena è un “mito reazionario” o quando esprimeva critiche su “l’antimafia militante arroccata nel culto dei martiri. Visto che le polemiche montavano Renoldi ha dovuto scrivere al Ministro Cartabia per sostenere che le frasi erano state “fraintese” ed erano “estrapolate” da un contesto più ampio. Frasi che non mettevano secondo Renoldi in discussione la sua fiducia nei colleghi e che non hanno “minimamente intenzione di sottovalutare la gravità del dramma della mafia”. Nonostante ciò molti nel mondo politico ritengono che il giudice sia un fautore dell’allentamento delle regole per i boss detenuti.
“Sono perfettamente consapevole che non sussistono formali motivi ostativi all’autorizzazione” dell’assunzione dell’incarico da parte di Renoldi – ha affermato Di Matteo in plenum – “ma ciò non si realizzerà anche con il mio voto. Esprimerò una posizione di astensione e voglio spiegarne le ragioni. Non sono certamente legate al merito, che pur personalmente non condivido, delle opinioni espresse dal dottor Renoldi in tema di applicazione delle norme previste dagli artt. 4 bis e 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, nè, tantomeno, al merito di provvedimenti adottati dal collega nell’esercizio di funzioni giurisdizionali. Le forti perplessità che impediscono alla mia coscienza di votare a favore”, spiega l’ex pm antimafia, derivano invece proprio “da talune sue esternazioni pubbliche. Per illustrare le sue legittime opinioni, in particolare in esito a ripetuti interventi della Corte Costituzionale in materia di concedibilità di benefici penitenziari anche ai condannati all’ergastolo c.d. “ostativo”, il dottor Renoldi ha utilizzato toni e parole sprezzanti nei confronti di coloro i quali, altrettanto legittimamente, avevano assunto posizioni diverse dalle sue, arrivando a delegittimare gravemente perfino il Dipartimento che ora è chiamato a dirigere e quindi i suoi appartenenti”.
E poi Di Matteo ha proseguito il suo intervento ricordando che Renoldi testualmente in un suo scritto ha parlato di “spinte reattive di segno assolutamente opposto che convergono sinistramente verso l’idea di una chiusura rispetto alle istanze provenienti dal mondo dei detenuti”. E tali “spinte reattive sinistramente convergenti” sarebbero provenienti dal Dap, indicato come “profondamente ostile al cambiamento” e “in alcuni ambienti dell’antimafia militante arroccata nel culto dei martiri che vengono ricordati esclusivamente per il sangue versato e per la necessaria esemplarità della reazione contro un nemico irriducibile”. Oltre ad una critica nei confronti dell’antimafia militante riferita ad associazioni, movimenti, giornali , il dottor Renoldi ha definito almeno alcune parti di tale “antimafia” dedita ad un “ottuso giustizialismo” e nel contempo il dottor Renoldi ha criticato il principio di certezza della pena poiché trattasi di “vecchio retribuzionismo da talk show””. Oltre a Nino Di Matteo si sono astenuti il consigliere togato del Csm Sebastiano Ardita e il componente laico Fulvio Gigliotti .