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La religiosità di Pier Paolo Pasolini nel Vangelo Secondo Matteo

Il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini che si celebra il 5 Marzo ci pone un quesito importante e di grande rilievo per questa gigante della cultura italiana morto prematuramente all’età di 53 anni. La domanda ricorrente è la visione religiosa del poeta/regista e su cui  i cattolici ancora oggi fanno i conti sul piano teologico e morale con uno scrittore luterano e corsaro.Pasolini è stato un intellettuale “complesso” e visionario perché riusciva a penetrare oltre le apparenze, entrava dentro le cose con una capacità affabulatoria e un ragionamento incalzante che non aveva eguali per il suo tempo. Anche per il mondo cattolico  Pasolini fu soprattutto il poeta di Casarsa e la sua opera risiede soprattutto nei suoi versi. 

Tuttavia Pasolini si misurò soprattutto nel film “Vangelo secondo Matteo” ,opera di straordinaria valenza artistica, e prima della preparazione del film nel 1963 affermò con preveggenza e rispetto: “Vorrei che le mie esigenze espressive, la mia ispirazione poetica, non contraddicessero mai la vostra sensibilità di credenti. Perché altrimenti non raggiungerei il mio scopo di riproporre a tutti una vita che è modello – sia pure irraggiungibile – per tutti”.

E poi negli “Scritti corsari” riafferma concetti espressi sempre di un cristianesimo primitivo e al tempo stesso secolarizzato proponendo un ulteriore visione laica e tollerante, laddove netta è la precisazione del rapporto tra fede e società: “Da’ a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio é […] Cristo non poteva in alcun modo voler dire: accontenta questo e quello, concilia la praticità della vita sociale e l’assolutezza di quella religiosa, da’ un colpo al cerchio e uno alla botte ecc. Al contrario- in assoluta coerenza con tutta la sua predicazione- non poteva che vuole dire: distingui nettamente tra Cesare e Dio, non confonderli: non farli coesistere qualunquisticamente con la scusa di poter servire meglio Dio: non conciliarli: ricorda che il mio «e» è disgiuntivo, crea due universi non comunicanti, o se mai, contrastanti: insomma, lo ripeto, inconciliabili”. Pasolini è stato graffiante, corrosivo, provocatore e per il mondo cattolico quello con Pasolini è stato un ostico confronto a distanza in cui spesso e volentieri le riviste e i circoli dei cristiani hanno modificato parere e posizioni con una sorta di rovello critico difficile da inquadrare. All’inizio degli anni ’60 il giudizio critico del mondo cattolico è senza possibilità di replica e Pasolini veniva criticato in quanto poeta anche se veniva considerato un artista che si dedicava con realismo all’osservazione del suo tempo .

Quando nel 1964 uscì il film “Il Vangelo Secondo Matteo”  provocò un subbuglio nel mondo religioso che non poteva certamente vedere film nelle sale e fu visto praticamente in gran privato. Si riconobbe in modo piuttosto silente  il grande valore artistico dell’opera anche se non uscì mai un giudizio immediato, chiaro e netto. In questo film si mescolavano la sacralità e la modernità che componevano un affresco inedito e nuovo, un intreccio di tensioni post conciliari che Pasolini coglieva nella figura di Giovanni XXIII. Poi il film espresse un’autenticità, un’asciuttezza e una tensione religiosa che turbò profondamente il mondo clericale e la Chiesa. Le immagini che Pasolini mise in scena rappresentavano un sottile filo di Arianna con la sua produzione artistica densa di autenticità in cui la marginalità degli ultimi era esaltata. Pier Paolo Pasolini durante la conferenza stampa alla prima proiezione del film alla Mostra di Venezia rispose in modo scandaloso ad una domanda di un giornalista: “Lei crede che Gesù sia il Figlio di Dio?” e il regista aveva risposto di no. Nonostante ciò potesse apparire paradossale e blasfemo  era pressoché  impossibile per i cattolici che un cineasta ,qual’era divenuto Pasolini, potesse aver fatto un film di questo tipo senza avere  un briciolo di fede. Non avrebbe potuto realizzare un film sul Vangelo, unico e originale in quegli anni di grandi cambiamenti , se non avesse avuto un animo religioso e una potente forza espressiva.

In realtà Pasolini realizza una grande ricomposizione storica e artistica  indicando la sua Weltanshauung che si contraddistingue per la sua acuta e nitida  tensione  morale, etica e poetica e che è fondata su una profonda  cultura e tradizione sacra della vita italiana legata al mondo contadino che si evince con chiarezza dalle immagini del film girate tra i sassi e il territorio di Matera  . La formazione del regista Pasolini affonda le radici nella composizione di storia, religione intrisa di cultura in cui  Marx, Gramsci,  Freud si conciliano con la sua idea del Vangelo che per il regista  diviene l’unico grande testo sacro e potente religioso ispiratore della sua esistenza di uomo e artista.

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Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.
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