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Inventing Anna

Miniserie ideata e prodotta da Shonda Rhimes, con Julia Garner, Anna Chlumsky, Arian Moayed, Katie Lowes, Jennifer Esposito, USA, 2022 (Netflix – 9 episodi)

Anna Sorokin è stato un caso giudiziario, ma anche un fenomeno di costume. Ha preso in giro il dorato mondo di Wall Street, ma ha toccato anche i temi del privilegio della ricchezza e dello status sociale e della discriminazione tra i sessi. Non si può dire che Shonda Rhimes, ormai famosa sceneggiatrice, produttrice e ideatrice di serie di successo (da “Grey’s Anatomy” a “Bridgerton”) non abbia pensato di inserire tutti questi temi nella serie che ha tratto da una storia vera, pur romanzata come del resto viene ben preavvisato nei titoli di testa. Anche se, dopo le prime puntate, appare chiaro che li ha messi in un frullatore badando più a rendere accattivante la narrazione che analizzare e approfondire i personaggi chiamati in causa nel racconto.

Le gesta di Anna Delvey, finta ereditiera tedesca che vuole creare una Fondazione da 40 milioni di dollari e si avventura nel mondo di Wall Street convinta di farcela sono infatti raccontate dalla giornalista Vivian Kent (personaggio inventato e ispirato alla reporter che è la vera autrice di una serie di articoli sulla protagonista), che si porta appresso tutta una serie di problematiche atte a catturare il coinvolgimento dello spettatore, ma rabberciate alla meglio all’interno della storia. Vivian è incinta, è giornalista, paga lo scotto di una vecchia inchiesta in cui un collega e amico ‘ha messa nei guai, ha in compagno che vorrebbe facesse la mamma, rispetto ad Anna è sciatta e poco curata, rispetto al bambino che aspetta pare tenere più alla sua professione, cerca le prove delle truffe di Anna ma in cuor suo la vuole salvare dalle accuse più gravi, ecc. ecc.

Anna dal canto suo altalena tra la voglia di apparire, anche a rischio di pagare col carcere e spettacolarizzando i suoi ingressi nell’aula del tribunale, e la voglia di arrivare al top del mondo della finanza, circuendo e abbindolando consulenti, bancari, ricconi d’alto bordo, con un fascino che non sempre è credibile, e progetti che non sembrano supportati da una capacità finanziaria.

Insomma, alla fine, nel puzzle che Shonda Rhimes e Vivian Kent mettono insieme, il personaggio di Anna resta un mistero, la sua scalata a Wall Street rimane una bella favola, e i meccanismi narrativi messi in bella mostra risultano fini a sé stessi. Il che, attenzione, non vuol dire che il prodotto non sia godibile, che non scorra abbastanza velocemente verso il suo epilogo, che non catturi l’interesse della maggior parte degli spettatori. Ma il materiale a disposizione onestamente lasciava sperare ben altro e la protagonista, l’attrice Julia Garner (forse l’avrete vista nel ruolo di Ruth in “Ozark”), avrebbe avuto modo di disegnare meglio Anna Sorokin che non facendo tutto il tempo selfie per i social, anche se, alla fine, la sua interpretazione risulta una delle migliori cose della serie. Anna Chlumsky (che aveva iniziato a recitare a 11 anni con Maucaulay Culkin) invece, nel ruolo di Vivian Kent, esagera in tutte le sue manifestazioni, quasi creando un personaggio macchiettistico (o da fumetto).

Per chi volesse poi sapere come è andata realmente la vicenda bisognerà andare a documentarsi su internet, anche se, al tempo dell’arresto e del processo, la rete, dopo un periodo di scalpore mediatico, ha lasciato cadere la notizia, anche perché Wall Street, diciamocelo, non ci faceva una bella figura.

Voto: 6

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Rosario Lizzio, nato nel '58, da giovanissimo viene folgorato dalla passione per il cinema e, al V ginnasio a Giarre, inizia a tormentare compagni e amici con cineforum su Pasolini, Bergman, Truffaut, Kubrick e altri autori contemporanei. Dal 1979 al 2002 gestisce un cinema d'essai e un'arena estiva a Catania, ospitando registi e attori e realizzando varie rassegne molto seguite. Scrive anche sulla pagina degli spettacoli de La Sicilia, realizza corsi di formazione e poi insegna per cinque anni "Storia e critica del cinema" all'Università di Catania. Per dimostrare di conoscere altro al di fuori dei film, si occupa di migranti (al C.A.R.A. di Mineo), di video, comunicazione, siti web, giornalismo e scrittura. Per la sceneggiatura del film "The Wait" vince un premio al 49° World Fest di Houston. Ultimamente di lui non si hanno più tracce nella vita mondana catanese.
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