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Il pensiero di Pierre Joseph Proudhon: anarchismo, socialismo e mutualismo

Pierre Joseph Proudhon è stato un pensatore politico francese di grande rilievo tra i maggior teorici della corrente ideologica dell‘anarchismo. In modo particolare si distinse  per connotare l’anarchia appunto in termini positivi e, insieme a William Godwin, fu tra coloro che per primi indicarono nell’anarchico la figura di uomo che doveva liberare l’uomo dalla schiavitù e dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del potere sugli esseri umani.  

Ispirò anche la famosa “A” cerchiata che rappresentava il segno distintivo dell’anarchia come un ordine senza il potere. Divenne famoso anche per l’altra definizione che coniò: “La proprietà è furto” . La sua posizione era per l’assoluta contrarietà della proprietà in mano statale o in mano privata.  Pierre-Joseph Proudhon si fece promotore dell’idea del possesso in quanto occupazione e uso anziché proprietà dei beni. Tutto ciò escludeva l’inesistenza degli affitti e dei tassi di interesse.

Proudhon  fu una figura importante e attiva durante il periodo della Seconda Repubblica Francese nata nel 1848 quando divenne il teorico di un sistema economico socialista e libertario fondato sul mutualismo. La sua idea è che fossero coniati dei certificati che non erano trasferibili e che quantificavano il tempo lavorativo come valuta. Questo nuovo modello puntava a realizzare l’uguaglianza sostanziale fra i lavoratori.  L’organizzazione governativa federale anarchica doveva essere regolamentata tramite dei contratti sociali che devono essere accettati individualmente. Proudhon proveniente da una famiglia povera fu soprattutto un autodidatta che lavorò in campagna e a diciannove anni svolse un mestiere nel campo della stampa divenendo anche revisore delle opere ecclesiastiche in via di pubblicazione. Divenne in tal modo conoscitore dell’ebraico e scrisse un trattato di grammatica generale dal titolo “Essai de grammaire génerale”. Nel 1838 riuscì ad ottenne la borsa di studio Suard di 1500 franchi annui per tre anni, che gli fu offerta dall’Accademia di Besançon città in cui nacque.

Nel 1839 scrisse il trattato “L’Utilité de la célébration du dimanche”, contenente le sue primordiali idee  rivoluzionarie. E proprio in questa periodo si recò a Parigi dove condusse una vita di stenti dedicata allo studio e nella capitale francese ebbe modo di maturare gli ideali socialisti. Nel 1840 pubblicò Qu’est-ce la propriété(Che cos’è la proprietà?), in cui sostenne che “la propriété, c’est le vol” (“la proprietà è un furto”), mettendogli contro proprio i  membri direttivi dell’Accademia di Besançon che tentarono di ritirargli la borsa di studio anche se alla fine non vi riuscirono.

Nel 1846 scrisse la sua più grande opera, il “Systéme des contradictions économiques ou Philosophie de la misère”( Il sistema delle contraddizioni economiche o la filosofia della povertà).  Proudhon tentò di fare il tipografo a Besançon,  ma la sua piccola impresa fallì e dopo divenne quindi una sorta di manager per un’impresa commerciale di Lione.Nel 1847 lasciò questo impiego stabilendosi a Parigi dove aderì  alla Massoneria, essendo iniziato in una loggia del Grande Oriente di Francia, non riuscendo ad andare oltre il grado di apprendista.

Quindi subito dopo  ebbe in odio i massoni e questo si evince dalle lettere con Giuseppe Ferrari in cui criticava Mazzini e anche Marx definendolo con disprezzo “massone ebreo”. In realtà per tutta la vita si sentì perseguitato dalla massoneria.

Partecipò alla rivolta di febbraio del 1848 in Francia e partecipò con entusiasmo  alla stesura di quello che definiva “la prima proclamazione repubblicana” della nuova repubblica. Criticò il governo provvisorio capeggiato da Dupont de l’Eure, un politico per Proudhon vecchio che insieme ai liberali Lamartine, Ledru-Rollin,Crémieux e Burdeau privilegiavano la riforma politica a quella socio-economica. Proudhon proprio in tal senso pubblicò un libro per indicare le riforme da attuare  completato nel 1849, dal titolo “Solution du probléme social” ( Soluzione della questione sociale), in cui chiarisce il sistema che auspica improntato alla mutua cooperazione finanziaria tra lavoratori in tal modo per lui si sarebbe  potuto trasferire il controllo delle relazioni economiche dai banchieri e dai capitalisti ai lavoratori. Il suo progetto prevedeva la fondazione  di una banca che erogasse  credito a un basso tasso di interesse ed emanasse banconote che sostituissero  le valute basate sull’oro.

Proudhon divenne un giornalista che influenzò enormemente il pubblico e venne coinvolto in quattro differenti testate: Le Représentant du Peuple , Le Peuple , La Voix du Peuple e Le Peuple de 1850 . Ebbe un modo di scrivere assai polemico producendo un giornalismo duro e deciso che attirava molti lavoratori francesi.Criticò sovente le forze armate del governo e promosse la riforma del credito. Egli stesso tentò di fondare una banca popolare, Banque du peuple, nel 1849, e nonostante le oltre 13.000 firme ,in particolare  di lavoratori, le emissioni si limitarono a 18.000 franchi e l’intera impresa fallì. Quindi Proudhon si candidò per l’assemblea costituente nell’aprile del 1848 non riuscendo ad essere eletto, sebbene il suo nome apparisse nei ballottaggi di diverse città: Parigi Lione,  Besançon e Lilla.

Ottenne l’elezione nelle complementari che si tennero  il 4 giugno militando  come deputato durante i dibattiti per gli Ateliers Nationaux, che furono creati da un decreto del repubblicano Louis Blanc nel febbraio del 1848  e questi Ateliers Nationaux dovevano garantire l’impiego ai disoccupati. Però Proudhon non fu mai entusiasta di quest’attività, poiché pensava che fosse un’istituzione di carità e che non risolveva radicalmente i problemi del sistema economico. Tuttavia non ne proponeva l’eliminazione, senza che fosse stata trovata un’alternativa per i lavoratori che vi erano impiegati. Rimase assai scosso  dalla violenza della rivoluzione nel 1848 che fu un effetto dovuto alla chiusura degli Ateliers Nationaux. Durante i tumulti del 1848, Proudhon si oppose alle insurrezioni essendo coerente con il suo impegno contro la violenza: disapprovò difatti le rivolte e le dimostrazioni di febbraio, maggio e giugno 1848. Verso la fine della sua vita, Proudhon mitigò il suo anarchismo e professò nuove idee di tipo federaliste con una teoria dello stato basato sul contratto politico o di federazione. Proudhon affermò l’idea che lo  stato deve sempre tendere ad equilibrare nella legge l’autorità con la libertà e tutto ciò si può ottenere con un  contratto politico o di federazione fra le persone responsabili. Propugnò una sorta di  “religione civile dell’umanità” per i prossimi secoli e si può senz’altro considerare il padre del federalismo integrale.

Alla radice del suo pensiero vi è il rifiuto della presenza di uno Stato perché viene considerata un’istituzione coercitiva che è allo sfruttamento del lavoro altrui da parte di alcuni uomini. E  ,quindi,il pensatore rigetta  ogni tipo di potere al di sopra dell’individuo anche Dio che dal punta di vista religioso  viene considerato  esattamente come lo Stato in ambito politico e dunque anche  la proprietà in quello economico. Per Proudhon si tratta di istituzioni illegittime tutte tese  a realizzare il controllo e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Schierato strenuamente contro il regime liberale indica l’alternativa nell’anarchia o governo da parte di sé stesso “self-government” che consiste nel fatto che, una volta ricondotte le funzioni politiche alle funzioni della produzione, l’ordine sociale risulterebbe solo dal fatto delle transazioni e degli scambi. Ognuno potrebbe dirsi autocrate di sé stesso. Il che è l’estremo opposto dell’assolutismo monarchico. Quando sostenne che “la proprietà è un furto”, si riferiva ai possidenti terrieri e ai capitalisti i cui proventi considerava come furti nei confronti dei lavoratori. Per Proudhon il lavoratore di un capitalista è “subordinato, sfruttato: la sua condizione permanente è di obbedienza”.

Proudhon affermava che “la proprietà è libertà”, riferendosi  non solo al prodotto del lavoro individuale, ma anche a quello di contadini e artigiani che ricavano beni dalla vendita dei propri servizi e del proprio surplus. Proudhon ritenne che l’unica e legittima fonte di proprietà è il lavoro. E quindi quello che l’uomo riesce a produrre è di sua proprietà invocando con ciò l’indipendenza dei lavoratori e condannando la proprietà capitalistica dei mezzi di produzione. Rifiutò però anche che il possesso dei mezzi di produzione da parte della società intera, sostenendo in “Che cos’è la proprietà?” che “tutto il capitale sociale accumulato, non è di esclusiva proprietà di nessuno”.

Proudhon fu contrario al fatto che la società possegga tutti i mezzi di produzione o tutti i beni terrieri e propose che chi ne fruisce li possegga  tramite le regolazioni di mercato. Proudhon si definì in tal modo un socialista, tuttavia si  oppose al possesso da parte dello Stato dei beni in favore di una proprietà da parte dei lavoratori stessi, organizzati in associazioni. Può essere definito il primo socialista libertario e grande teorizzatore di un possibile sistema autogestionale. Lui stesso definì questa fruizione-proprietà “possesso”,come un sistema economico mutualistico.  Proudhon ha sviluppato una critica incisiva di tipo morale, economica, politica e di libertà  individuale alla proprietà di terre e capitali affermando che la proprietà crea profitto, genera instabilità e induce a circoli di debiti che superano la capacità di produzione, spingendo ad aumentare la crescita all’infinito. Per Proudhon la proprietà determina squilibri sociali e fenomeni di dispotismo che si ritorcono contro i lavoratori stipendiati, soggetti all’autorità illegittima dei datori di lavoro. Nel contempo però Proudhon, figlio del suo tempo, professò idee sessiste incoerenti con le sue idee libertarie. La sua idea fu di escludere la donna dalla società poichè nel contesto della difficile  vita del lavoratore basata sulla famiglia tradizionale, il ruolo delle donne deve essere  legato  all’ambito familiare e il suo pensiero è lontano dall’emancipazione della donna dai lavori domestici.

Proudhon espresse anche idee di odio quasi paranoico verso gli ebrei che erano per la verità sentimenti assai diffusi in Europa all’epoca. Nel 1847 considerò la possibilità di   espulsione degli ebrei dalla Francia affermando che l’ebreo è il nemico della razza umana. Questa razza secondo il suo punto di vista doveva essere riportata in Asia, o sterminata. Gli studiosi ritengono tuttavia che “l’antisemitismo non aveva alcun ruolo nel programma rivoluzionario di Proudhon”. Infatti a conforto di questa tesi Proudhon sosteneva che sotto il sistema mutualistico “non vi sarà più nazionalità, o patria, nel senso politico dei termini; significheranno solo luogo di nascita. L’uomo, di qualunque razza o colore possa essere, è un abitante dell’universo; la cittadinanza è ovunque un diritto acquisito”. 

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Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.
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