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Umberto Barbaro e lo spirito del Neorealismo

“Cultura non è sapere quante più cose possibili, ma amarne quante di più è possibile” Umberto Barbaro .

Ascoltavamo lezioni dalla cattedra e c’era un maestro affascinante, Umberto Barbaro ed era di un acume e di un coraggio critico che incantavano. Ho in mente, come fosse ora, un episodio: discutevamo, in gruppo con lui, ancora una volta sull’adorato Chaplin. E Barbaro ci interruppe dicendo “conosco uno, però, che ci sa mettere in più anche i fuochi d’artifizio”, e citò Totò. Allora, nel ’35, Totò era considerato solo un fantasista d’avanspettacolo, persino un po’ volgare. Barbaro era di gran lunga la mente più acuta in quelle aule.

Con queste parole, Pietro Ingrao, che lo ebbe come insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia, ricordava l’illustre acese.

Umberto Barbaro nacque ad Acireale  –  in piazza Pasini, 3 –  il 3 gennaio 1902 da Luigi e Benvenuta De Martino. I genitori perirono  a Messina, in occasione del terremoto del 28 dicembre 1908, e Umberto e la sorella Antonietta, in compagnia di una zia, si trasferirono a Roma.

Nella seconda metà degli anni Venti, dopo aver frequentato il ginnasio,   la sua attività fu prettamente letteraria: collaborò con diversi periodici e fu redattore di una casa editrice («La Bilancia», di Paolo Flores);  fu anche scrittore teatrale (con Bonaventura Grassi, Inferno: mistero contemporaneo in 7 quadri, Teatro degli Indipendenti (diretto da Anton Giulio Bragaglia), Roma, marzo 1927; Il bolide, ibid., giugno 1927; Scalari e vettori, ibid., aprile 1928; Ancorato al cuore di Maria, ibid.).

Parlava correntemente il russo e il tedesco: tradusse un dramma di Frank Wedekind, Il marchese di Keith, Torino 1930; un romanzo di Michail Afanas’evič Bulgakov, Le uova fatali, Lanciano 1931; due di Hermann Kesten, Gente felice, Lanciano 1933, e Il ciarlatano, Milano 1934). Era anche appassionato di pittura (Le ricche miniere della pittura contemporanea, Edizioni dell’Ateneo, 1948); è nota la sua amicizia e collaborazione con il critico Roberto Longhi.

Scrisse il romanzo Luce fredda, Lanciano 1930 e 1931; e la raccolta di novelle L’essenza del can barbone, Roma 1933.

Futurista, insieme a Dino Terra (pseudonimo di Armando Simonetti, 1903/1995), Vinicio Paladini, Paolo Flores, Bonaventura Grassi e altri, fu tra i fondatori del movimento immaginista (braccio futurista della sinistra italiana), dirigendo la rivista La ruota dentata.

Nel 1931, fu chiamato, assieme a Pirandello, Mario Soldati e Guglielmo Alberti, da Emilio Cecchi a collaborare con la Cines, casa di produzione cinematografica e, come ebbe a scrivere nel suo articolo Per diventare critici cinematografici sulla rivista Vie Nuove del  febbraio 1958 (alla quale collaborò come critico cinematografico per quasi un decennio, fino alla sua morte), sentendosi insoddisfatto per la ristrettezza e «inutilità» del suo lavoro, rispose così a un lettore: «smisi di colpo e quasi del tutto, la mia precedente attività e presi ad occuparmi di quest’arte affascinante, che è il film».

Iniziò così la sua attività nel mondo della celluloide: scrive nella rivista Cinematografo diretta da Alessandro Blasetti e comincia a tradurre importanti libri di grandi teorici e registi, come Vladimir I. Pudovkin, Béla Balazs e  Sergej Ejzenŝtein, collaborando, tra l’altro, alle riviste specialistiche Bianco e Nero (di cui fu direttore dal 1945 al 1948), Filmcritica (di cui fu tra i fondatori), Cinema, Lo schermo, Intercine…

Nel 1932 pubblica a Roma, del regista e teorico Vsevolod Pudovkin, Il soggetto cinematografico, cui seguì, sempre dello stesso, Film e fonofilm – Il soggetto, la direzione artistica, l’attore, il film sonoro (Roma 1935 e 1950), ambedue con la sua traduzione e prefazione.

Nel 1935 entra nel Centro Sperimentale di Cinematografia, nato da appena un anno e diretto da Luigi Chiarini, suo compagno di classe al ginnasio, che di Barbaro conosceva la preparazione e gli interessi, e che lo chiamò, uno dei primi, all’insegnamento.

Tra gli allievi del corso del Centro Sperimentale ricordiamo, tra gli altri: Michelangelo Antonioni, Giuseppe De Santis, Steno, Arnoldo Foà, Clara Calamai, Alida Valli, Pietro Germi, Dino De Laurentis, Vittorio Cottafavi e, come abbiamo visto, Pietro Ingrao.

Prende così l’avvio di quell’attività teorica e quella elaborazione di una didattica, che hanno rappresentato un importante contributo al movimento intellettuale cinematografico.

Opere principali del Barbaro furono Film: soggetto e sceneggiatura, prefazione di Luigi Chiarini, Roma 1939 e 1947; Problemi del film, ibid. 1939; in collaborazione con Luigi Chiarini, L’attore: saggio di antologia critica, ibid. 1939; Il cinema e l’uomo moderno, Milano 1950; Poesia del film, Milano 1955.

Postumo uscì, Il film e il risarcimento marxista dell’arte (Editori Riuniti, Roma, 1960), contenente anche alcuni cenni sul corso da lui tenuto, nel biennio 1948-49, alla Scuola Superiore  di Cinematografia di Łódź in Polonia, dopo essere stato allontanato dal Centro Sperimentale per le sue idee «troppo di sinistra», lui che, comunista, aveva insegnato al Centro, durante il regime fascista!

Pubblicato postumo anche, Servitù e grandezza del cinema (Editori Riuniti, Roma, 1962), che raccoglie i suoi scritti più importanti di critica cinematografica.

Durante la sua permanenza in Polonia, conobbe e poi sposò  Helena Wojcechowska, vittima con i suoi familiari della follia nazista: i genitori e quattro fratelli furono uccisi, mentre lei fu deportata, per un anno, in un campo di concentramento in Germania. Fu nel Centro che, nel 1936, Umberto Barbaro girò il suo unico film, L’ultima nemica con Fosco Giachetti e Maria Denis, curandone soggetto, sceneggiatura (insieme a Francesco Pasinetti) e regia: in effetti era più un tentativo di esercitazione nella scuola di cinema, piuttosto che un vero e proprio film.                                        Diresse alcuni documentari (I cantieri dell’Adriatico (1933) e, in collaborazione con il critico d’arte Roberto Longhi,  Carpaccio (1947) e Caravaggio (1948).           Come riferisce il critico Massimo Galimberti, secondo Luigi Chiarini, Barbaro si avvicinò al cinema non  solo per una sua necessità comunicativa, ma anche per il suo forte legame con le arti figurative e il rapporto con Longhi del quale, giovanissimo, seguì le lezioni universitarie ricordandolo già nel 1927. Alla morte del suo allievo, Longhi lo elogia per il suo acume critico, evidenziando come «… anche per l’arte figurativa in senso stretto, Barbaro continuò attentissimo al muoversi degli studi più liberi e ne diede referti di una penetrante esattezza da stupirmi e di cui, per quanto mi riguardava, gli sono rimasto grato per sempre».  Di Umberto Barbaro si ricordano anche numerosi soggetti e sceneggiature: Seconda B (1934) di Goffredo Alessandrini (soggetto e sceneggiatura); La peccatrice (1941) di Amleto Palermi (sceneggiatura in collaborazione con Luigi Chiarini e Francesco Pasinetti); Paura d’amare (1942) di Gaetano Amata (sceneggiatura con lo stesso  regista); Via delle cinque lune (1942); La bella addormentata (1942) (sceneggiatura di Chiarini, Barbaro e Vitaliano Brancati) e La locandiera (1943) di Luigi Chiarini (sceneggiatura insieme con lo stesso Chiarini); Giorni di gloria (1945) di Mario Serandrei, Luchino Visconti, Marcello Pagliero, Giuseppe De Santis (commento con Umberto Calosso); Caccia tragica (1948) di Giuseppe De Santis (sceneggiatura con lo stesso regista, Michelangelo Antonioni, Carlo Lizzani ed altri); Fabiola (1949) di Alessandro Blasetti (sceneggiatura non accreditata); Czarci zleb (Il passo del diavolo) (1949) di Tadeusz Kański e Aldo Vergano (1949) (sceneggiatura con Tadeusz Kański) film polacco inedito in Italia; La figlia del forzato (1953) di Gaetano Amata (sceneggiatura con lo stesso regista e Tullio Piacente).                                                  Nel corso delle sue lezioni al Centro Sperimentale di Cinematografia, Umberto Barbaro si soffermava spesso a parlare di Sperduti nel buio, il film del 1914 di Nino Martoglio, definendolo «il miglior film di tutta la cinematografia muta italiana».   Nel 1939, nel suo articolo Vecchi film in museo, nel n. 68 del 25 aprile della rivista Cinema, sosteneva che questo film poteva essere considerato come un’anticipazione delle opere di Griffith e Pudovkin.                                                                L’autorevole storico del cinema italiano, Gian Piero Brunetta, autore della prima monografia sullo studioso acese [UMBERTO BARBARO e l’idea di Neorealismo (1930-1943), Liviana Editrice in Padova, 1969], così si esprime, in un suo scritto del 16 aprile 1978, sul ruolo di Umberto Barbaro nella scoperta di Sperduti nel buio:     Lo stato di isolamento culturale e ideologico era stato rotto soltanto verso la metà degli anni Trenta da due articolo di Umberto Barbaro, usciti come mine vaganti, che puntavano l’attenzione su un filone dimenticato del primo cinema italiano, quello di derivazione realistica di cui Sperduti nel buio di Nino Martoglio (1914), tratto dal dramma omonimo di Bracco, si poteva certo considerare l’esempio più significativo.  Il 31 ottobre del 1943,  i tedeschi requisirono, assieme all’unica copia del film di Martoglio, quasi tutte le pellicole della Cineteca e soltanto alla fine del conflitto, fu lo stesso Barbaro, allora commissario del Centro, a cercare di farle rientrare in Italia. Il suo tentativo e i successivi, risultarono vani e di Sperduti nel buio sono rimasti soltanto la sceneggiatura e alcune foto, pubblicate nel 1987, a cura di Alfredo Barbina, nel supplemento al n.4 di «Bianco e Nero», rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia.                                                                                                                                                                                                                                    

Sulla presenza di Barbaro al Centro, ecco alcune testimonianze, tratte da: “L’avventurosa storia del cinema italiano”  a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli,  Milano 1979 .

Interessante l’aneddoto raccontato da Francesco Rosi sulla sua telefonata a Barbaro per manifestargli l’intenzione di iscriversi al Centro Sperimentale di Cinematografia chiedendogli consigli. Barbaro lo incontrò e gli disse: Preparati un testo per l’ammissione, un esempio di trattamento cinematografico. Rosi scelse I Malavoglia e, per una strana coincidenza, seppe che Visconti, che aveva conosciuto in qualche prima teatrale, stava preparando La terra trema. Visconti gli propose, su segnalazione di Giuseppe Patroni Griffi, di andare con lui, come aiuto regista, al posto di Achille Millo che aveva preferito di continuare a fare teatro.

Come sappiano, con Rosi venne ad Aci Trezza anche Franco Zeffirelli.

A proposito de La terra trema, Citto Maselli racconta che Barbaro non condivideva che il PCI aderisse, come poi avvenne, al film, perché il regista non aveva mai preso la tessera del Partito.

Elsa De Giorgi, protagonista del film La locandiera, diretto da Luigi Chiarini, mentre faceva notare l’esuberanza del regista, mostrava apprezzamento per Barbaro – sceneggiatore del film assieme allo stesso Chiarini e a Francesco Pasinetti – definendolo: discretissimo, perennemente benevolo, un po’ sornione, che raggiava intelligenza da tutti i pori.

Ecco come Luigi Chiarini ne ricordava la sua esperienza di insegnante: Il Centro Sperimentale funzionava bene, devo dire la verità, perché io tenevo accanto a me, pressappoco come vicedirettore, Umberto Barbaro che era comunista. A un certo momento, siccome Mussolini doveva venire a inaugurare la nuova sede del Centro, nel ‘40, allora Arturo Bocchini, il capo della polizia, scrisse a Dino Alfieri: “C’è un pericoloso comunista al Centro”. Alfieri mi chiamò e io gli dissi: “Senti, pericoloso non è, comunista lo è, ma ha le sue idee, e d’altra parte conosce il cinema, insegna il cinema, lo insegna molto bene …”. E allora Alfieri, per la verità, scrisse a Bocchini che disse: “Se si assume la responsabilità Chiarini, Barbaro rimanga”, e Barbaro rimase. Questo avvenne durante il fascismo. Appena venne l’antifascismo, Andreotti – diciamo “antifascismo” perché poi Andreotti non è un antifascista, è un destro – cercò di allontanare Barbaro. lo risposi a Nicola De Pirro con un parere contrario; allora fu sciolto il Consiglio di Amministrazione del Centro e il Direttore generale fu nominato Commissario. Il Centro era una scuola aperta, tanto aperta che io passavo per un agente del1’0vra, cosa che non era la verità, proprio perché aprivo le porte a tutti quelli che conoscevano il cinema sul serio. Pubblicai Béla Balazs che era ungherese, ebreo e comunista; ma nessuno mi disse nulla, per la verità. Pubblicai Pudovkin, Ėjzenštejn, si, si, ho pubblicato dei sovietici, ho pubblicato di tutto. Il Centro Sperimentale era aperto, andava benissimo. Molti registi si sono formati al Centro, a cominciare da Antonioni, che è stato allievo e poi insegnante al Centro, De Santis, Germi, Zampa, ce ne sono stati parecchi e di parecchie tinte: io non badavo alle tinte.

Conclusa la sua collaborazione con il Centro, Barbaro ritornò  alle traduzioni (nel frattempo aveva tradotto in italiano testi di Vsevolod Illarionovič Pudovkin, Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, Rudolf Arnheim e Béla Balázs.), impegnandosi in quella degli scritti di Sigmund Freud; diresse la rivista L’eco del cinema, collaborando, tra l’altro, con l’Unità, scrivendo quasi sempre di cinema, in quella che allora era la terza pagina, dedicata alla cultura e allo spettacolo. Risale in quel tempo, una polemica  con Palmiro Togliatti, il segretario del PCI, che gli rimproverava   di usare un linguaggio troppo astruso e concetti espressi in forme troppo complesse, spesso incomprensibili per gli operai. Barbaro rispose a Togliatti ribattendo che il problema non era quello di rendere elementari i concetti, ma piuttosto quello dello studio, da parte degli operai, al fine di essere in grado di appropriarsi della cultura, anche nella sua complessità.                                                                                                              

Con Edoardo Bruno, Galvano Della Volpe, Roberto Rossellini, Giuseppe Turroni, fondò la rivista Filmcritica, alla quale collaborò fino alla sua morte.

Umberto Barbaro si spense a Roma, il 19 marzo 1959.

A lui, secondo lo storico Georges Sadoul, è da attribuire il termine Neorealismo.

Il numero 13 del 28 marzo 1959 della rivista Vie Nuove  dedicò molto spazio per ricordare Barbaro.

Ritengo sia interessante riportare integralmente il titolo e alcuni commenti dell’articolo:«L’uome che ha inventato il neorealismo nel Cinema  – Scompare con Umberto Barbaro l’intellettuale marxista, l’uomo vero, il fondatore della cultura cinematografica nazionale – Senza di lui, il cinema italiano non sarebbe esploso all’altezza di Roma, città aperta e di Ladri di biciclette. Lo stesso smisurato amore di Barbaro per un cinema realista e la sua intransigenza di critico non si possono intendere, se non s’intende che per Barbaro il cinema era l’arte democratica per eccellenza, in cui meglio che in tutte le altre potevano incarnarsi quei concetti rivoluzionari che egli, intellettuale rigorosamente marxista, aveva scoperto, elaborato e fatti propri – Odiava l’ipocrisia e la menzogna, combatteva coloro che speculano sui sentimenti puri e semplici del grande pubblico».

L’articolo riporta,  tra le altre, le testimonianze di Mario Alicata, Michelangelo Antonioni, Giuseppe De Santis, Alberto Lattuada, Francesco Maselli, Antonio Pietrangeli, Gianni Puccini.

Antonio Pietrangeli, nel pensare a lui come a un curioso Socrate moderno e a un personaggio di Fitzgerald, citava due loro progetti, per diversi motivi mai realizzati, che dovevano entrambi essere prodotti da Carlo Ponti e diretti da  Luchino Visconti: un film su Matteotti e l’altro tratto da Disordine e dolore precoce di Thomas Mann.

Ecco il pensiero di Gianni Puccini: «Barbaro fu uno dei maestri e degli spiriti più vasti e moderni che abbiamo conosciuto. Il suo lavoro paziente ed a volte drammatico di maestro europeo, credo che abbia contribuito ad educare in maniera che non esito a definire grandiosa, almeno due generazioni di cineasti. Non c’è dubbio: senza di lui mai il cinema italiano sarebbe esploso con Roma città aperta e Ladri di biciclette. Avendone o no coscienza, tutti gli autori più importanti del nostro cinema, da Visconti a Rossellini, da De Sica allo stesso Fellini, gli debbono qualcosa della loro formazione, tutto sommato unitaria».

Il 30 aprile 1959, Luigi Chiarini commemorò l’amico al Centro Sperimentale di Cinematografia. L’intervento fu pubblicato integralmente sul n° 6 del 1959 di Bianco e nero. Di seguito, alcuni brani: «… Mi sarebbe stato impossibile – per la conoscenza che avevo di lui, del suo carattere schivo da ogni retorica, per l’amicizia che ci legava, antica, fraterna, fatta di stima e di consonanza morale, tanto da rinsaldarsi in quella vivace polemica delle idee che segnò e rese proficua la nostra collaborazione, nata sui banchi del ginnasio inferiore durante la traduzione dal latino e durata poi per tanti decenni – tenere quella che si dice una commemorazione» e ancora «… Mi sembra ancora di vederlo uscire da una di queste aule, circondato da un folto gruppo di allievi, che affettuosamente lo costringevano (ed era grande gioia per lui) a continuare la lezione passeggiando per i corridoi e i cortili.»

Sol sodalizio Barbaro – Chiarini, lo storico del cinema Nino Genovese ha curato il volume, contenente i contributi di vari autori, Barbaro & Chiarini – I teorici del cinema dietro la macchina da presa  (Messina, 1986).

 Nel 1962, la rivista Filmcritica istituì a suo nome un premio annuale destinato ad un testo di argomento cinematografico (“Premio Filmcritica – Umberto Barbaro”) che, con qualche interruzione, venne riproposto fino al 2005. La prima edizione fu vinta da Carlo Lizzani con la sua Storia del cinema italiano (1895-1961).

L’11 luglio del 1984, organizzato dalla Sezione culturale del Partito Comunista Italiano, si tenne a Roma un Convegno, al quale parteciparono, tra gli altri, Mario Verdone, che aveva conosciuto e frequentato Barbaro al Centro Sperimentale di Cinematografia, e Pietro Ingrao, che chiuse così il suo intervento: «… lo ricordo come una personalità forte, da cui molto imparammo e a cui tante cose dobbiamo».

Cinque mesi dopo, nei giorni 14 e 15 dicembre, si tenne ad Acireale un analogo Convegno, promosso e organizzato da Mario Grasso (che, nel 1988, ne curò la pubblicazione degli Atti nel n° 48 della sua rivista Lunarionuovo); a questo Convegno parteciparono Alessandra Briganti, Paolo Buchignani, Arcangelo Leone De Castris, Mario Musumeci, Mario Sechi, Lucia Strappini,  Pasquale Voza e Mario Verdone.

Nel 1981 e nel 1984, su RAI DUE, vennero trasmessi, rispettivamente, gli sceneggiati Ragazzi di celluloide 1 e  Ragazzi di celluloide 2 diretti dal regista Sergio Sollima. Il film era scritto e sceneggiato, assieme al regista, da Alberto Silvestri e Massimo Mida (Puccini), nipote di Gianni Puccini, come abbiamo già visto, allievo e amico di Barbaro.

Nei due sceneggiati si riconoscono benissimo, tra gli altri, Luigi Chiarini (Bucci, interpretato da Pietro Biondi) e Umberto Barbaro (Nicodi, interpretato da William Berger).

Come ha scritto Gian Piero Brunetta: Barbaro è stato un Maestro per il cinema italiano, nel senso più completo del termine!

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Mario Patanè, nato ad Aci Catena il 29 ottobre 1945 ed ivi residente in via Madrice n° 36, da oltre un trentennio si è adoperato per la valorizzazione dei beni culturali presenti nel territorio del Comune di Aci Catena. Dal 1985 al 1995 è ideatore e organizzatore della manifestazione Incontri con il cinema e, dal 2005 al 2011, della rassegna CineNostrum. Location delle due rassegne è stata l’Area Archeologica di Santa Venera al Pozzo, meta, nel settecento, dei viaggiatori stranieri del Grand Tour. Le due iniziative, seguite da mass media locali e nazionali, hanno portato, per la prima volta, oltre a prestigiosi ospiti (Gesualdo Bufalino, Vincenzo Consolo, Vittorio Gassman , Carlo Rustichelli, Piero Piccioni, Tullio Kezich, Jean A. Gili, Michel Ciment, Gian Piero Brunetta, Giorgio Tinazzi, Callisto Cosulich, Vincenzo Cerami, Mario Verdone, Alberto Lattuada, Francesco Rosi, Florestano Vancini, Gianni Amelio, Carlo Lizzani, Turi Vasile, Pasqualino De Santis, Ennio Morricone, Nicola Piovani, Roberto Benigni, Giuseppe Tornatore, Roberto Andò, Carlo Verdone, Claudia Gerini, Sergio Rubini, Vittorio Taviani, Claudio Bigagli, Gino Castaldo, Anna Galiena, Ettore Scola, Ennio Bìspuri, Irene Bignardi, Walter Veltroni, Christian De Sica, Antonio Catania, Giulio Scarpati, etc.), migliaia di persone ad Aci Catena. Dal 2007 al 2011, dirige e cura per la Casa editrice CITTÀ DEL SOLE la collana delle monografie dedicate ai protagonisti di CineNostrum, curando le seguenti monografie: La magia di Morricone - Grande, grande, grande Verdone - La cometa musicale di Piovani – Se permettete parliamo di Scola – Figlio di papà? No... solo Christian. Nel 1993 partecipa, come ospite per La Sicilia e il cinema, al Festival del Cinema Italiano di Annecy (Francia) ed al Der Neue Heimatfilm di Freistadt (Austria); nello stesso anno è relatore ad un convegno su Leonardo Sciascia ad Aix en Provence (Francia). Nell’anno scolastico 2005/2006 presenta e commenta – per l’Istituto Tecnico Commerciale A. Majorana di Acireale e per l’Istituto Tecnico Industriale E. Fermi di Giarre - un ciclo di proiezioni di film sceneggiati da Vincenzo Cerami. Il corso viene concluso con l’incontro degli studenti con lo stesso Cerami. Nell’anno scolastico 2006/2007 presenta e commenta – per l’Istituto Tecnico Industriale E. Fermi di Giarre – un ciclo di proiezioni di film diretti da Giuseppe Tornatore. Nel 1989 organizza un convegno su Vitaliano Brancati e il cinema, nell’Area archeologica di Santa Venera al Pozzo, dando così il via alla riscoperta e fruizione di un sito, visitato nel settecento da viaggiatori stranieri e da oltre un secolo caduto nel dimenticatoio. Partecipa, con un suo contributo, alla stesura della Guida alla Sicilia Jacopea realizzata dal Centro Italiano di Studi Composteliani dell’Università degli Studi di Perugia. Il volume, redatto in italiano e spagnolo, è il primo della collana Visitanda Sunt, diretta da Paolo Caucci von Saucken. Il 22 febbraio 2008 è nominato Socio Corrispondente dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale. Nel mese di aprile del 2011 collabora con la Mostra de Valencia (32 edizione del Festival Internacional de Cine de Acc ión y Aventura), con un omaggio al regista Giuliano Montaldo. Nel 2011 e nel 2012 collabora con il Festival 22 X Don Luis di Calanda (Spagna) e, nel 2011, collabora con il Festival del Cinema Italiano di Annecy (Francia) organizzando la mostra fotografica SICILIA Terra di Cinema (1996- 2010) sui set siciliani degli ultimi anni. Il 10 dicembre 2011 gli è stato assegnato a Trecastagni, assieme a Maria Grazia Cucinotta, Giuseppina Torregrossa, Marco Dentici, Marcello Sorgi, il Premio Letterario Nazionale Ercole Patti. Un suo saggio sulle Istruzioni per il Peculio frumentario della Città di Aci SS. Antonio e Filippo è stato pubblicato su Memorie e Rendiconti (Serie V - Vol. IX) dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale. Nel mese di giugno del 2012 è nominato socio onorario del Rotary International Distretto 2110 Sicilia – Malta, Club di Acireale. È protagonista del cortometraggio RESIDENCIA “EL MILAGRO” di Javier Espada, España, 2011, proiettato, fra l’altro, i l 26 luglio 2012 al San Giò Verona Video Festival. Nel 2012 collabora con il Festival del Cinema Italiano di Annecy (Francia) organizzando una mostra fotogr afica sui set siciliani degli ultimi anni. Il 18 dicembre 2012 promuove e dirige, in collaborazione con l’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici e il Rotary di Acireale, un incontro con la regista Roberta Torre. Un suo contributo su Il Teatro Bellini di Acireale, Eduardo De Filippo e... la gallina! è stato pubblicato su Memorie e Rendiconti (Serie VI - Vol. I – Anno 2012) dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale. Dal mese di maggio 2013 presiede il Comitato Civico Terre di Aci, formatosi dopo la cancellazione del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dell’Aci, avvenuta nel gennaio dello stesso anno, ottenendo nell’anno successivo il reinserimento e la perimetrazione del Parco. Grazie al successo ottenuto dalle rassegne cinematografiche da lui ideate, è stato realizzato, all’interno del Parco, un teatro di pietra “alla greca”, finanziato dalla Comunità Europea. Dal 4 al 9 dicembre 2014 è invitato a Valencia (Spagna), al Festival Mostra Viva – Cinema del Mediterrani, dove interviene a due convegni e presenta il volume (curato assieme a Nino Genovese) Buone notizie: Angela Molina. Il 14 e il 15 ottobre 2016, invitato a Valencia (Spagna), al Festival Mostra Viva – Cinema del Mediterrani, rende omaggio a Ettore Scola, presentando il suo ultimo film Che strano chiamarsi Federico e Ridendo e scherzando, diretto da Paola e Silvia Scola. Un suo contributo su Gli Anni difficili de Il vecchio con gli stivali è stato pubblicato su Memorie e Rendiconti (Serie VI - Vol. II – Anni 2013 - 2016) dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale. Un suo contributo su Umberto Barbaro e lo Spirito del Neorealismo è stato pubblicato su Memorie e Rendiconti (Serie VI - Vol. III – Anno 2018) dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale.
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