Manlio Rossi-Doria, un meridionalista raffinato e pragmatico

Manlio Rossi-Doria, visse prevalentemente a Roma. Tra il 1919 e il 1920 si legò ad Emilio Sereni, suo compagno di classe al Liceo e poi anche a Giorgio Amendola e ad Umberto Zanotti Bianco, con i quali costituì un sodalizio umano e antifascista. Dopo l’arresto di Carlo Rosselli nel 1927 Rossi-Doria decise di iscriversi insieme ad Amendola al Partito Comunista Italiano, allora già un partito clandestino.
Si laureò a 23 anni nel 1928 alla Facoltà di Agraria di Portici e dopo lavorò per due anni con Zanotti Bianco a ricerche sull’economia agraria di Africo, comune della provincia di Reggio Calabria.
Il 15 settembre del 1930, Manlio venne arrestato dalla polizia e il giorno dopo subì la stessa sorte Emilio Sereni. Ambedue furono condannati a quindici anni di carcere. Successivamente, da Regina Coeli Manlio viene trasferito a San Gimignano dove conobbe Umberto Terracini. Godette di due amnistie e, così, venne scarcerato nel 1935, ma prima sottoposto a vigilanza speciale, poi, nel 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia, venne inviato al confino in un paese della Basilicata – San Fele e Melfi.
Intanto venne espulso dal Pci nel 1939 dal quale si distaccò definitivamente. Partecipò alle discussioni preparatorie del Manifesto di Ventotene con Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, e alla fondazione del Partito d’azione. Rientrò dal confino dopo la caduta del fascismo il 25 luglio 1943, Rossi Doria partecipò alla cerchia di intellettuali che ruotava attorno alla casa editrice Einaudi e in particolare a Leone Ginzburg, con il quale collaborò alla redazione di Italia Libera. Venne nuovamente arrestato nel novembre del 1943 nella tipografia dove si stampa il giornale. Riuscì ad evadere da Regina Coeli e riprese la lotta clandestina nelle file del Partito d’Azione sino alla liberazione di Roma.
Nel 1944 viene incaricato per l’insegnamento di Economia e politica agraria alla Facoltà di Agraria di Portici. Collaborò alle attività della commissione economica del ministero per la Costituente e si presentò, senza successo, in una lista azionista guidata da Guido Dorso alle elezioni del 2 giugno 1946. Sospese l’impegno nella politica per dedicarsi allo studio dei piani di trasformazione agricolo-industriale in alcune aree del Mezzogiorno, al problema della bonifica dell’aree agricole, in collaborazione con la Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) e con il ministero dell’Agricoltura, nel tentativo di dare una risposta costruttiva ai movimenti rivendicativi dei contadini del Sud. Rossi-Doria fu un ‘tecnico’ assai ascoltato e autorevole presso l’amministrazione degli Stati Uniti presieduta dal democratico Harry Truman e, qundi, dalla classe dirigente italiana su tutti i grandi temi che dominarono in quel periodo dall’uso dei fondi finanziari alla ricostruzione allo sviluppo delle aree depresse. Fu il periodo in cui si recò in America più volte a partire dal 1951, quando, partecipò con una relazione sulla riforma agraria italiana alla World Conference on Land Reform, organizzata nel Wisconsin (Bernardi, 2010).
Negli anni successivi, si recò in Messico e in Brasile e tornò poi più volte ancora negli Stati Uniti. Nel 1959, grazie ai finanziamenti ottenuti dalla Fondazione Ford e dalla Cassa per il Mezzogiorno, nacque a Portici il Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, che assunse un ruolo guida nei campi della formazione post-laurea e della ricerca in economia agraria e in economia dello sviluppo. Fu nominato consigliere della Cassa per il Mezzogiorno nel 1965 ed ebbe modo di intensificare gli scambi scientifici con economisti come Albert Hirschman e Pasquale Saraceno, affinando allo stesso tempo un consolidato interesse per le materie umanistiche, dalla storia all’antropologia. Sempre nel 1959 fondò il Centro di Specializzazione e Ricerche Economico-agrarie per il Mezzogiorno e diventò un fautore della riforma agraria in Calabria.
Nel 1966 si iscrisse al PSI e venne eletto senatore nel 1968 e 1972. I temi e le proposte che avanzò al Senato e in Europa sono attualissime e affrontò le contraddizioni del modello di sviluppo italiano con idee assai funzionali in cui propose l’adeguamento, non la sospensione, delle direttive comunitarie alla situazione territoriale ed economico-sociale italiana; la programmazione (o pianificazione) in opposizione al liberismo; la diffusione delle cooperative per contrastare i monopoli finanziari; la riforma dei contratti agrari; la predisposizione di provvedimenti in favore della difesa del suolo e contro un’urbanizzazione sregolata; lo sviluppo di energie alternative al nucleare; il contenimento delle correnti migratorie tramite progetti di sviluppo; un miglior funzionamento dell’amministrazione italiana ed europea nella concessione e nell’impiego dei fondi strutturali e del fondo sociale. Fu Rieletto senatore nel 1972, venne chiamato come consulente per la Commissione europea da Spinelli e Antonio Giolitti, per l’applicazione e la riforma delle direttive europee, nonché per lo studio di interventi coordinati a Bruxelles in grado di perseguire la convergenza delle aree del Sud dell’Italia con quelle del Nord.
Nel 1981 assunse la presidenza dell’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia. Fu soprattutto un grande studioso che dedicò il suo impegno al mondo agricolo e al Mezzogiorno. Individuò nella crisi della ‘civiltà contadina’ la crisi dell’Italia e quello stesso processo di sviluppo che aveva definitivamente sconfitto la povertà al Sud. Comprese la modernizzazione tecnologica, aveva anche generato nuove importanti contraddizioni sociali. Sul meridionalismo si confrontò e collaborò sempre con altri insigni studiosi con altri studiosi quali Eugenio Azimonti, Guido Dorso, Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini. Morì nel 1988.