L’eretico Giordano Bruno, martire dell’oscurantismo

Anche il pensiero ha i suoi martiri. E dovremmo istituire una giornata a memoria di questi eroi della ragione, della conoscenza, del pensare, sgombro dai limiti e dagli steccati di confessioni, fedi dogmatiche che diventano superstizioni. Giordano Bruno visse in tempi bui in cui si veniva perseguitati per le proprie idee e si moriva anche solo per una idea: il 600, secolo di grandi intelletti, di importanti conquiste del sapere, e di un feroce oscurantismo. Di un potere clericale che imponeva le sue ferree leggi di obbedienza e sudditanza ai dogmi religiosi.Di una religione, il cattolicesimo, che aveva perso ogni spiritualità. Una religione mondana di chierici che aspiravano al più feroce e disumano dei poteri: il possesso di un’anima. E questo potere esercitavano attraverso tribunali, torture, condanne alla detenzione personale, e alla pena di morte, il rogo, se gli eretici non abiuravano coram populo. Gli autodafé erano autoflagellazioni non sempre estorte, ma frutto di una forma di plagio, di perdita di sé. Penso alla fosca figura del Grande Inquisitore in Dostoevskij. L’ Anticristo che perorava la sua pratica di terrore, affermando di amare lui gli uomini, di volerli di fendere dai tormenti del dubbio, della responsabilità del pensiero, contro le lusinghe di un Cristo che li voleva afflitti dall’ angoscia della libertà personale.Nelle parole di Francesco Bergoglio contro il clericalismo come espressione di una aridità spirituale, un egocentrismo patologico, una sete di potere, che potrebbe mettere a
rischio l’ esistenza della comunità umana, ho colto l’ apprensione per un pensiero dominante che esclude e condanna il confronto, la tolleranza, l’ esercizio della ragione.