Pioggia di referendum sulla giustizia

Cinque su sei quesiti referendari ammessi dalla Corte Costituzionale
La Corte Costituzione ha espresso l’ammissibilità di cinque su sei quesiti referendari relativi all’ordinamento giudiziario che sono stati promossi da Lega e Partito radicale. Si tratta dell’abrogazione della legge Severino sui condannati in Parlamento, dell’abolizione della raccolta delle firme per presentare la candidatura al Csm,della separazione delle funzioni dei magistrati, dei limiti all’applicazione delle misure cautelari e del diritto di voto degli avvocati nei consigli giudiziari. Viene invece ritenuto inammissibile il quesito sulla responsabilità diretta dei magistrati. Giuliano Amato ,da poco Presidente della Consulta,ha spiegato in una conferenza stampa le ragioni della bocciatura di quest’ultimo quesito: “La regola è sempre stata quella della responsabilità indiretta” e “l’introduzione della responsabilità diretta avrebbe reso il referendum, più che abrogativo, innovativo”. L’ufficio stampa della Corte ha peraltro emesso una nota relativa alle altre proposte in cui si scrive che “non rientrano in nessuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”.
Naturalmente su questi cinque referendum peseranno le divisioni sul fronte del centro destra poiché Giorgia Meloni non ha promosso la campagna per i quesiti sulla custodia cautelare e sulla legge Severino, sfilandosi dalle posizioni “garantiste” di Matteo Salvini . Da questo punto vista il deputato Andrea Delmastro Delle Vedove, responsabile giustizia di Fratelli d’Italia, ha confermato la linea già espressa dal proprio partito: “Appoggeremo i referendum sulla riforma del Csm e sulla separazione delle funzioni che è una battaglia fondamentale del centrodestra, ma non potremo appoggiare gli altri. Ad esempio sulla custodia cautelare perché mette a rischio la sicurezza e sulla legge Severino, perché se venisse abolita lascerebbe troppa discrezionalità ai giudici, sarebbero loro a decidere caso per caso e questo mi spaventa”. Intanto però Matteo Salvini manifesta la sua soddisfazione per questo risultato : “È una bellissima giornata per la democrazia, per l’Italia, non per la Lega, perché dopo trent’anni saranno gli italiani in primavera a poter votare dei referendum che faranno la prima grande unica riforma della giustizia”. E rilancia in chiave polemica verso i partiti che non hanno sostenuto i referendum lanciando un segnale di critica anche a Fratelli d’Italia: “Mi aspetto i no dei 5 Stelle, dell’ultra sinistra… poi, su questo, sicuramente un centrodestra nuovo, moderno, coerente, efficiente, liberale e garantista che mette in galera i colpevoli ma non persegue gli innocenti, può nascere”.
Giuseppe Conte prende posizione a nome del M5Stelle sostenendo che “i quesiti offrono una visione parziale e sicuramente sono inidonei a migliorare, rendere più efficiente ed equo il servizio della giustizia. È per questo che siamo orientati a respingerli, ma da noi la discussione è sempre molto ampia e ho già anticipato che mi piacerebbe coinvolgere e consultare gli iscritti su questo tema e lo faremo la prossima settimana”.
Il primo quesito quello voluto dalla ministra della Giustizia Paola Severino con un decreto legislativo del 2012 prevede che non si possono candidare e decadono dalle cariche elettive coloro che sono condannati in via definitiva a una pena superiore ai due anni di carcere. Mentre per gli amministratori locali è sufficiente anche una condanna in primo grado per essere sospesi dalla carica per 18 mesi , a seguito di un certo numero di reati contro la pubblica amministrazione. La Lega e Radicali sostengono che “nella stragrande maggioranza dei casi in cui la legge è stata applicata (…) il pubblico ufficiale è stato sospeso, costretto alle dimissioni, o comunque danneggiato, e poi è stato assolto perché risultato innocente”. Mentre per Fratelli d’Italia secondo quello che sostiene la Meloni, sarebbe “un passo indietro nella lotta alla corruzione e rischierebbe di dare il potere ad alcuni magistrati di scegliere quali politici condannati far ricandidare e quali interdire dai pubblici uffici”.
Tuttavia lo stesso Antonia De Caro,Sindaco di Bari e Presidente dell’Anci(Associazione dei Comuni italiani)manifesta la sua contrarietà alla permanenza della normativa : “Sono contento che il referendum sia passato, così anche i cittadini potranno esprimere la propria opinione. I referendum sono sempre una prova e un esercizio di democrazia da parte dei cittadini. Sulla legge Severino noi sindaci abbiamo chiesto da sempre una modifica perché ci ritroviamo, unica figura istituzionale, ad essere sospesi per 18 mesi senza una condanna definitiva”. Vi è un altro quesito particolarmente delicato ammesso allo svolgimento referendario ed è quello che abolisce l’ipotesi per cui il giudice può disporre la misura cautelare della custodia in carcere nel corso delle indagini e,cioè, il rischio di reiterazione di reati “della stessa specie di quello per cui si procede”. Se questa norma venisse abrogata non sarebbe più possibile per un giudice ordinare il carcere se non ricorrono le altre due esigenze al momento previste dalla normativa che sono il pericolo di inquinamento delle prove o il pericolo di fuga, elementi più complicati da dimostrare. Si pensi per esempio che per applicare la custodia cautelare a un ladro d’appartamento o a uno spacciatore è molto più semplice dimostrare il rischio di reiterazione del reato, mentre è quasi impossibile dimostrare l’inquinamento delle prove o il pericolo di fuga. I promotori della campagna referendaria sostengono che la reiterazione “è la motivazione che viene utilizzata più di frequente per disporre la custodia cautelare, molto spesso senza che questo rischio esista veramente”. Invece Giorgia Meloni afferma che , “impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni che vivono dei proventi dei loro crimini. Noi vogliamo fermare la criminalità senza se e senza ma”.
Per quanto riguarda la separazione della carriere si dovrebbe procedere modificando la Costituzione che indica il fatto che vi è un solo “ordine giudiziario”. Il quesito propone la scelta delle funzioni al magistrato proprio all’inizio della carriera e lo obbligherebbe a restare in quella posizione per tutta la vita professionale. In realtà oggi i transiti dalle funzioni giudicanti e a quelle requirenti sono molto rari e sono soggetti a requisiti rigidi come l’obbligo di cambiare distretto. In tal senso la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario che attualmente in discussione alla Camera limita a un massimo di due queste possibilità.
Poi abbiamo i consigli giudiziari che rappresentano dei riferimenti locali al Consiglio superiore della magistratura e che emettono i pareri al Csm in relazione agli avanzamenti di carriera dei magistrati. Oggi questi organi sono composti per un terzo da rappresentanti dell’avvocatura e dell’Università e non hanno diritto di voto sulle valutazioni professionali. Mentre il referendum propone che vi sia un modello “dell’equa valutazione”, il che significa che si vorrebbe garantire ad avvocati e professori di “partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati”. L’ultimo quesito prevede che non sia più obbligatorio per un magistrato ai fini della candidatura al Csm il deposito delle firme di colleghi a proprio sostegno che a secondo del distretto va da 25 a 50 firme . Il disegno di legge in discussione alla Camera non prevede più questo obbligo e, quindi, il referendum non dovrebbe tenersi.