Gli esuli di Ventotene, padri fondatori di un’Europa comunitaria

Il 7 febbraio 1992 veniva firmato il trattato di Maastricht e pochi giorni fa ne abbiamo festeggiato i trent’anni. Un trattato che cambiò le vite dei cittadini europei, fino a quel momento cittadini di singole nazioni che si trovarono ad essere riuniti sotto il solco di una bandiera blu con dodici stelle rappresentanti gli stati fondatori. Fu il punto di inizio del sogno europeo, un sogno che nacque dopo la Grande Guerra ma che si concretizzò nell’onda unitaria (benché in un mondo diviso) di un dopoguerra all’insegna della pace e della prosperità.
Il sogno di un’Europa comune nacque in un famosissimo manifesto, il Manifesto di Ventotene, uno dei più importanti documenti nati alla fine del fascismo italiano con una forte impronta antifascista e antitotalitaria e redatto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni che al momento della redazione del testo erano esiliati proprio a Ventotene e che vennero affiancati da tanti oppositori politici del fascismo. L’idea di un’Europa federale nacque proprio in quei giorni, in quelle penne e in quel contesto che conosciamo essere opprimente e pieno di censura (tant’è che inizialmente il testo circolò clandestinamente) e si fonda su tanti principi, uno fra tutti quello della libertà kantiana (secondo il famoso “tu devi, quindi puoi”) subordinando la possibilità della creazione di una casa europea comune al dovere di farlo alla luce di quanto era stato distrutto nella Seconda Guerra Mondiale. In un precedente articolo abbiamo analizzato l’idea d’Europa per il professore antifascista Chabod e di come questa concezione del pensiero europeo fosse in continua mutazione (tutt’oggi ci sono nuovi paesi che vorrebbero aderire all’UE, pertanto l’idea di Europa è in espansione). Dal punto di vista morale, il bisogno di creazione di una federazione europea si ritrova già nel titolo dell’opera “Per un Europa libera e unita” – libera da ogni tirannide e totalitarismo e unita sotto il segno di fratellanza, condivisione (condividendo i valori illuministi della rivoluzione francese). Il nazionalismo crescente creato da nazismo e fascismo aveva totalmente distrutto queste ideologie liberali che capitolavano di fronte al sentimento di superiorità di una nazione rispetto ad un’altra, di fronte ad un sentimento di esclusione nei confronti del diverso.
Il sentimento del superamento della politica “tradizionale” (del XX secolo) che non riusciva ad adattarsi ad un fronte di internazionalizzazione che stava coinvolgendo tutti i continenti del globo permisero a questo Manifesto di diffondersi rapidamente per supportare l’idea (e l’urgenza) di dover unirsi per fronteggiare nuove sfide politiche e geopolitiche. L’istituzione dell’UE, infatti, comporterà grandi e profondi cambiamenti dal punto di vista diplomatico, oltre che socio-economico e sul piano della crescita di civiltà: l’onda di arresto che aveva subito la Società delle Nazioni aveva irrimediabilmente frenato l’intenzione di istituire una duratura e condivisa pace. Inoltre, la lotta alla diseguaglianza che si era venuta a formare era di vitale importanza che portò alla nascita del Movimento Federalista Europeo nel ’43. Nel corso dei decenni, comunque, questo sentimento di Europa contenuto nel manifesto crebbe: partito da un’unione economica per favorire il commercio, il sentimento europeista si conciliò al termine “patria” e fondato sulla distinzione fra patria e nazione.L’Europa, nel corso degli anni, è divenuta non solo una semplice “federazione” economica, ma un insieme di Stati, culturalmente e socialmente differenti, volti a garantire pace, stabilità e crescita. La maturità della nostra Unione è tale da garantire, da più di 50 anni, sicurezza sul fronte della pace. Ed era questo il sogno degli esuli di Ventotene. Che l’Europa non fosse solo un’area geografica, un mero “accordo fra le parti”, ma anche politica che potesse racchiudere attorno al suo “cerchio stellato” il futuro e la prosperità che veniva meno durante l’era dei totalitarismi. E il sogno si è avverato. Adesso, nel nuovo millennio, con l’avvento dell’Euro, dell’Area Schengen, centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi europei possono realizzare il loro sogno di sentirsi a casa anche quando a casa non si è. Perché il desiderio antifascista e europeista nato in quelle settimane di sofferenza comune diedero voce a chi voce non l’aveva. Diedero l’opportunità di forgiare concretamente il termine “europeo” e, ricordiamolo sempre: essendo cittadini europei non siamo solo portatori di ideologie progressiste, ma siamo anche difensori di una resistenza che ha dato, letteralmente, la vita per la creazione di ciò che oggi possiamo definire la nostra casa, la culla della civiltà.