Il Teatro Bellini di Acireale, Eduardo De Filippo e… la gallina !

Il Teatro Bellini di Acireale, Eduardo De Filippo e… la gallina !
Il 16 aprile 1870 fu inaugurato il Teatro Bellini di Acireale con La Sonnambula di Vincenzo Bellini, interpretata dal soprano Emma Albani (nome d’arte di Marie Louise Emma Cécile Lajeunesse) e dal tenore Ruggero Sirchia.
Il Teatro, progettato dall’ingegnere catanese Carmelo Sciuto Patti, fino al 1938 ospitò opere liriche, operette, veglioni. Concesso in locazione, come sala cinematografica, fu dichiarato inagibile dopo il bombardamento del luglio del 1943. Dopo alterne vicissitudini, fu riaperto in occasione del Carnevale del 1950 e, chiuso ancora una volta per inagibilità, venne distrutto da un violento incendio all’alba del15 febbraio 1952. Fra i tanti artisti che calcarono le scene del Teatro, uno dei più famosi fu certamente Eduardo De Filippo: le sue prime esperienze teatrali lo vedono, giovanissimo, in giro per l ‘Italia, corista in una compagnia di operette che, passando da un insuccesso all’altro, concluse la sua avventura ad Acireale.
Ecco cosa scrive il grande Eduardo a pag.5 de La Domenica del Corriere (Anno 42, N. 2, 7-13 gennaio 1940 XVIII), nella rubrica “Memorie d’Artisti” con il titolo “Quasi tutte rose”:
Debbo sinceramente confessare che la mia strada è stata assai facile e che non ho conosciuto le peripezie tragiche che rendono interessanti gli attori agli occhi del pubblico.
Certo non tutta la mia vita è stata cosparsa di rose, ma posso giurare che nel mio diario non figurano ore di tormento, di sconforto, di fame vera e propria. Qualche spina: ecco tutto .
Se qualche amarezza ho sofferto nei miei anni giovanili, la debbo al mio spirito di avventura che mi portava spesso a scegliere la via più difficile.
Avrei potuto essere scritturato in una formazione dialettale, con una piccola paga sicura, e preferii avventurarmi nel caos di una compagnia operettistica, col ruolo di corista . Sissignore, di corista, e senza speranza di far carriera, perché i miei «sol»e i miei «do» mettevano i brividi. Era oltre a tutto una compagnia scalcinata, lanciata alla deriva nelle piccole piazze di provincia.
Ad Acireale la barca si arenò. Cinque recite. Cinque fiaschi. Scioglimento della compagnia. Appello telegrafico a mia madre perché mandasse un po’ di denaro per farmi tornare a casa, ed attesa impaziente a stomaco vuoto. Unico mio conforto, ed unico mio rimorso, in quell’avventura,fu una gallina .
Avevo preso alloggio in una casa di campagna. (Acireale non è Parigi e la campagna se ne sta tranquillamente in città). La mia stanza a pianterreno era piena di luce e di miseria; non un soldo nelle mie tasche. E non più credito presso l’affittacamere. Unico mio conforto mattutino era, ripeto, una gallinella screziata che, alle otto in punto, senza farsi annunciare, entrava in camera mia passando dal balcone sempre aperto, – vi ho detto che vivevo d’aria,- come se andasse ad un appuntamento amoroso.
Si chiamava « Pipi » e veniva a posare, maternamente, l’uovo giornaliero un cassetto mal chiuso dello sgangherato canterano. Come se avesse saputo!
Per otto giorni di seguito la gallinella venne a portarmi il … pane quotidiano e mi salvò la vita.
Giunse finalmente il vaglia di mammà,- 200 lire, per la storia,- saldai il conto, acquistai il biglietto di viaggio e volli accomiatarmi dalla padrona di casa.
Ero allegro perché avevo finalmente potuto saziarmi con due piatti di spaghetti, e non pensavo più alla gallina benefica.
Fui un ingrato. L’ingratitudine è stata, ed è, sempre di moda.
La padrona, una donnona peso massimo, dalla pelle bronzea e dai capelli crespi, – assomigliava piuttosto a Giovanni Grasso che non a Joséphine Baker – mi venne incontro scoprendo i suoi denti affumicati e stringendo nella destra, tenendola per le ali, come un carnefice, la vittima, la mia povera amica che starnazzava disperatamente .
Perché le fate male? – dissi, accarezzando la gallina.
-Non ci badate, la porto in cucina per tirarle il collo. Da otto giorni non mi fa più uova!
Avrei potuto con una sola parola salvare dall’esecuzione capitale la mia… ammiratrice a due zampe, ma, vigliaccamente, lasciai che le facessero la pelle .
Vi giuro che è stata la sola vittima della mia vita!
Rientrai a Napoli ma fui ripreso dalla smania del vagabondare e con Peppino mi «arruolai » in una formazione dialettale.
Dall’incendio del Teatro Bellini sono trascorsi oltre 60 anni e si attende ancora il suo restauro!
27 ottobre 1991 un incendio distrugge il teatro Petruzzelli di Bari: il 6 dicembre 2008 vengono ultimati i lavori della sua ricostruzione.
Il 29 gennaio 1996 un incendio distrugge il teatro La Fenice di Venezia: il 2 agosto 2004, in anticipo sui tempi previsti, il teatro viene riconsegnato alla Città.
Ma queste, ahimè, sono altre storie!