L’arte del governare e i valori illuministici

Società, termine con derivazione latina societas e derivante dal sostantivo socius cioè “compagno, amico, alleato”, è una parola che ad oggi utilizziamo per riferirci alla collettività di cittadini, nel nostro caso, l’insieme dei cittadini italiani (ma, in sociologia, utilizzabile anche per gruppi di individui). Ad esso, possiamo affiancare il termine civile, anch’essa riferendosi al cittadino ma possiamo anche affiancarvi il termine “politica”, dal greco politikḗ, che vuol dire “arte di governare”.
Questo breve preambolo sull’etimologia di queste parole lo trovo tanto fondamentale quanto significativo se pensiamo che ad oggi questi ci sembrano termini collaudati ed appartenenti al solito vocabolario socio-politico odierno. La realtà è molto diversa, se consideriamo anche il contesto nel quale viviamo oggi. Ricordiamo sempre che tra il cittadino e un rappresentante non c’è assolutamente nessuna differenza, anzi. Il rappresentante dovrebbe sentirsi orgoglioso, oltre che in obbligo verso il cittadino, di svolgere nobilmente il lavoro che i nostri padri costituenti gli hanno assegnato perché, come ci ricorda l’etimologia delle parole prima elencate, la società politica rappresenta l’arte di governare un amico, un alleato, dal quale si ottiene la fiducia. Ovviamente, come qualunque lavoro che si rispetti, l’azione di governo non parte da sola e, anzi, deve trovare una profonda, importante e leale collaborazione con il cittadino rappresentato e tra i cittadini stessi. Vivere in una società civile, in uno Stato, vuol dire che ognuno, nella sua semplice (ma importante) funzione di cittadino, svolga il suo lavoro in una spirale armoniosa di civiltà e rispetto delle regole. L’insieme comune fra società civile e società politica corrisponde nel benessere comune, concetto al quale facevano capo i più importanti monarchi illuministi (Federico II di Prussia ne è l’esatto esempio) sui cui principi si sono sviluppate le varie rivoluzioni francese e americana e che hanno dato il via all’età contemporanea come oggi la conosciamo.
È proprio l’illuminismo il concetto secondo cui la nostra società dovrebbe basarsi per andare avanti, portando dietro un bagaglio di concetti che non devono mai essere dati per scontati (come il diritto alla libertà, all’uguaglianza ma anche alla felicità) ed è proprio il periodo del ‘700 che affonda le sue radici nell’incrocio fra società politica e società civile: un incrocio che sarebbe risultato determinante non tanto per l’immediato futuro dei regni di allora (la Francia cadde sotto la dittatura napoleonica, senza poi contare le più recenti guerre mondiali) ma quanto per il futuro/presente contemporaneo che tutt’ora stiamo vivendo grazie e soprattutto alla presa di coscienza di una società civile che prima dell’illuminismo era solamente un numero, un tassello di una società che lavorava non per la comunità, per il “compagno, l’amico” ma per il singolo monarca e il suo benessere. La società civile, formata, lo ricordo, da singoli cittadini, che ai tempi erano sudditi, ha imposto la svolta quando si rese conto di non poter essere parte sottomessa di un sistema ma di essere invece parte attiva di una comunità che deve donare il benessere per ricevere benessere. Sono questi valori da non perdere mai di mira, se consideriamo che la società politica è sempre pronta a prendere il sopravvento attraverso i nazionalismo o i dispotismi (che, per fortuna, sono quasi scomparsi) ricordiamo sempre che deve essere la società civile a predominare su quella politica, non in fattore di forza o di importanza, ma perché è essa che si affida alla società dei governanti per poter ricevere il benessere che richiede.
Facciamo tesoro di chi siamo stati e di chi potremmo essere in futuro, senza però dimenticare il contesto storico nel quale viviamo. Facciamo distinzione fra momento oggettivo e soggettivo della storia, perché solo facendo così la società civile e quella politica possono convergere per assicurare pace e prosperità contemporanea e futura.