Giangiacomo Ciaccio Montalto, un grande magistrato lasciato solo a combattere la mafia

Giangiacomo Ciaccio Montalto proveniva da una famiglia illustre del trapanese ed era di origine siciliana anche se nacque a Milano. Il padre , Enrico, era stato un importante magistrato di Cassazione mentre il nonno materno, era notaio e fu sindaco anche sindaco di Erice. Da giovane fu profondamente turbato dalla morte del fratello Enrico, morto tragicamente in un incidente stradale a soli 22 anni e che ebbe un ruolo di primo piano nelle lotte bracciantili nel dopoguerra. Giangiacomo entrò in magistratura nel 1970 divenendo ben presto sostituto procuratore della Repubblica a Trapani. Negli anni ’70 si distinse in qualità di Pubblico Ministero nel processo che sostenne contro Michele Vinci, poi condannato per i delitti del cosiddetto “mostro di Marsala”, che si era reso responsabile nella città siciliana del rapimento di tre bambine, tra cui la nipote, che furono fatte morire in un pozzo. Gli furono affidate indagini delicatissime che riguardarono gli appalti truccati e le speculazioni edilizie, compreso il “sacco” del Belice relativo ai lavori di ricostruzione dopo il terremoto del 1968; i traffici della droga e le raffinerie dell’eroina nel trapanese, il mercato delle traffici di armi e le frodi comunitarie; l’inquinamento del golfo di Cofano, uno dei più bei paesaggi della Sicilia, devastato dagli scarichi illegali e dal tentativo di costruirci negli anni ’70 una raffineria di petrolio, che venne sostenuta dalle famiglie mafiose locali e da qualche amministratore colluso. La svolta professionale avvenne nel 1977 quando indagò su mafiosi, sulle complicità di cui godevano nelle imprese e nelle banche della provincia di Trapani. Condusse delle inchieste all’avanguardia per quell’epoca, con accurate indagini patrimoniali, in cui riuscì a ricostruire il percorso del denaro sporco nelle banche del trapanese. Nonostante le minacce subite non aveva né scorta né auto blindata. Proprio alla fine degli settanta il suo lavoro investigativo puntò sul clan mafioso dei Minore e sulla base di rapporto dei carabinieri si cercava di fare piena luce sulle loro attività illecite che contemplavano omicidi, corruzione, spaccio di stupefacenti, traffico d’armi. Tra l’altro la famiglia mafiosa dei Minore fu coinvolta nelle indagini del finto sequestro dell’industriale Rodittis e il sequestro di Luigi Corleo. Itale cosca mafiosa aveva stabilito un patto di alleanza con i corleonesi. Un’azione che i mafiosi non tollerarono fu la riesumazione della salma di Giovanni Minore proprio per verificare che fosse realmente morto d’infarto . Nel 1979 Ciaccio Montalto chiese un mandato di cattura per traffico di materiale bellico per Antonino Minore che scappò da Trapani per evitare l’arresto. Nell’ottobre 1982 Ciaccio Montalto ordinò quaranta arresti per associazione mafiosa contro mafiosi e imprenditori della zona, che però nel giro di poco tempo furono rimessi in libertà per insufficienza di prove. Ciaccio Montalto cominciò a ricevere minacce come per esempio con una bomboletta spray fu fatta una croce nera sulla sua auto. Deluso dal risultato delle sue inchieste che erano state tutte naufragate, decise di chiedere il trasferimento in Toscana . Non era certamente un modo per arrendersi , bensì per poter continuare il suo lavoro alla Procura di Firenze. Successive indagini hanno dimostrato la vitalità della cupola mafiosa trapanese in Toscana e l’azione del magistrato veniva seguita da “picciotti” e “colletti bianchi” collusi , uomini di banca e imprenditori. Nonostante ciò tre settimane prima di essere ucciso, Ciaccio Montalto si recò a Trento per avere dei colloqui con il procuratore Carlo Palermo. Si scambiò numerose informazioni investigative assai riservate con il collega sull’inchiesta che riguardava il traffico di stupefacenti. Per il valoroso magistrato giunse il giorno fatidico: il 25 gennaio 1983 alle 01:30 fu assassinato a Valderice da tre uomini armati di mitraglietta e due pistole calibro 38 mentre stava per rientrare a casa a bordo della sua auto . Fu ritrovato morto da un pastore la mattina alle 6.45 poiché nessuno avvertì le autorità e vicini si giustificarono pensando che i colpi sparati fossero legati all’attività dei cacciatori di frodo. Ciaccio Montalto aveva solo quarantuno anni. Le esequie di Stato furono celebrate nella cattedrale di San Lorenzo dal vescovo di Trapani e circa ventimila persone. Dell’omicidio venne immediatamente sospettato il boss trapanese Salvatore Minore, il quale era già ricercato per omicidio e associazione mafiosa a seguito delle inchieste di Ciaccio Montalto. Si accertò solo nel 1998 che Minore era stato ucciso nel 1982 dai Corleonesi e il suo cadavere fatto sparire, ma nel frattempo egli fu condannato nel 1989 in primo grado all’ergastolo in contumacia per l’omicidio di Ciaccio Montalto, insieme ai mafiosi siculo-americani Ambrogio Farina e Natale Evola, ritenuti gli esecutori materiali del delitto. Comunque i tre imputati vennero assolti nel 1992 dalla Corte d’Appello di Caltanissetta e la sentenza d’assoluzione venne confermata nel 1994 dalla Cassazione.
Nel 1995 le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia (Rosario Spatola, Giacoma Filippello, Vincenzo Calcara e Matteo Litrico) portarono all’identificazione dei veri responsabili dell’omicidio: vennero infatti rinviati a giudizio i boss mafiosi Salvatore Riina, Mariano Agate, Mariano Asaro (ritenuto l’esecutore materiale) e l’avvocato massone Antonio Messina, che avevano ordinato il delitto perché il trasferimento ormai deciso del magistrato alla Procura di Firenze avrebbe minacciato gli interessi mafiosi in Toscana. Nel 1998 Riina e Agate vennero condannati all’ergastolo in primo grado mentre l’avvocato Messina e Mariano Asaro vennero assolti; la sentenza venne anche confermata nei successivi due gradi di giudizio. Dai processi emerse anche Ciaccio Montalto è stato ammazzato per avere toccato direttamente il clan Riina, emettendo un mandato di cattura nei confronti dell’anziano zio, Giacomo Riina. Ci sono tante zone d’ombra in questo delitto eccellente: il movente dell’esecuzione va ricercato anche in altro. Ciaccio Montalto fu ucciso quando era arrivato al cosiddetto “terzo livello”, la pista che stava seguendo era quella dei soldi, dei beni, arrivando a mettere mani su alcuni beni mafiosi grazie anche all’entrata in vigore, alla fine del 1982, della legge Rognoni-La Torre sul sequestro e la confisca dei beni alla mafia. Ciaccio Montalto aveva un’idea sacra della giustizia, della legalità, accompagnato da un alto senso dello Stato. Dotato di vasta cultura e notevoli interessi che spaziavano dalla letteratura alla musica classica e alla lirica. Un esempio etico e morale per le giovani generazioni e per il suo modello di legalità democratica come fece con grande commozione il Presidente della Repubblica Sandro Pertini il giorno dei funerali del magistrato, quando disse che: “per ricordare Ciaccio Montalto e per combattere la mafia c’è solo da rispettare fino in fondo la Costituzione”.