Loading
Nuovo quotidiano d'opinione e cultura
Il tempo: la ricchezza per l’umanità
Nuovo quotidiano d’opinione e cultura

Sandro Pertini, il Presidente degli Italiani

Nell’imminenza delle elezioni del prossimo presidente della Repubblica, è opportuno ricordare Sandro Pertini. Quando l’8 luglio 1978 egli fu eletto al Quirinale, l’Italia era afflitta dalla recessione economica e dal terrorismo. Le stragi di Brescia e del treno Italicus il 28 maggio e il 4 agosto 1974 avevano reso più incerta una situazione già grave sul piano politico, da cui fu possibile uscire grazie alla formula della solidarietà nazionale ormai in agonia. L’elezione di Pertini avvenne grazie a quella formula, che coronò il successo finale con 832 voti, dopo nove estenuanti scrutini.

    Quell’arzillo “vecchietto”, dotato di forte carattere e di straordinaria vitalità, divenne così il settimo capo dello Stato italiano e il presidente di tutti gli italiani. Antifascista della prima ora, Pertini organizzò la fuga di Filippo Turati in Francia e, più volte arrestato, subì i soprusi del regime fascista per rappresentare i socialisti nel Clnai, tenere vivi gli ideali della Resistenza fino a ricoprire la carica di presidente della Camera dei deputati (1968-76).

    Sebbene fosse un uomo di parte per il suo passato politico, Pertini seppe imprimere alle istituzioni dignità e prestigio. Le sue dichiarazioni pubbliche riscossero la simpatia degli italiani, che apprezzarono le lotte contro le trame della loggia P2 in un Paese che risaliva la china dell’inflazione, sconfiggeva il terrorismo e vinceva il campionato mondiale di calcio. Il cambio di clima si ebbe anche sul piano politico, quando sottrasse alla Dc il monopolio della presidenza del Consiglio con la nomina di Giovanni Spadolini e di Bettino Craxi alla guida del governo.

    Durante il settennato, conclusosi il 29 giugno 1985, Pertini allacciò un rapporto di amicizia con il papa polacco, lasciando da parte le sue convinzioni religiose, contravvenendo spesso ai dettami quirinalizi con le sue esternazioni. Egli espresse vivo rammarico sugli episodi di sangue che si susseguirono in Italia dall’assassinio di Walter Tobagi (28 maggio 1980) fino a quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie (3 settembre 1982). Davanti alle bare delle vittime del terrorismo, nelle vicinanze del pozzo che aveva inghiottito Alfredino Rampi o a fianco dei terremotati dell’Irpinia, Pertini seppe esprimere i sentimenti del Paese e commuovere gli Italiani con la sua nobiltà d’animo. Proprio per questo motivo, come scrive Davide Giacalone nel libro appena edito «Su dal Colle» (La Ragione, Ariccia Roma 2021), egli ebbe il grande merito di riconciliare il Colle con gli Italiani. «E non è poco».

    L’11 luglio 1982 rimase impresso nella mente degli Italiani il grido di Pertini dopo il terzo gol degli azzurri contro la Germania: «Non ci prendono più, non ci prendono più». Così allo stadio Santiago Bernabéu il partigiano socialista divenne il portavoce degli Italiani.    Fino agli ultimi giorni del suo incarico Pertini conservò un’immagine pubblica come patrimonio costitutivo della Repubblica e, alla sua morte avvenuta il 24 febbraio 1990, anche i critici più ostinati come Indro Montanelli gli rivolsero un commosso saluto, riconoscendogli tenace carattere, seppure «imprevedibile e ribelle ad ogni formalismo e liturgia».

Share Article
TOP