Sciascia e le ragioni delle donne

Nell’anno 2000, da un mio personale percorso non accademico, ho letto Sciascia con un’attenzione ai personaggi femminili, reali e immaginari, che si riscontrano nelle pagine della sua scrittura. Dalla lettura trassi una eccezionale galleria di personaggi femminili, segnate sempre più, nel tempo, da una loro libertà personale. Lo scrittore tra le sue mille curiosità non tralasciò di rilevare anche la sessualità maschile, descritta con ironia in Le Parrocchie di Regalpetra, drammaticamente in Toto Modo, con tenerezza nel racconto l’Antinomio e con leggerezza nel Candido. Sostengo che “le donne” dello scrittore acquistano una libertà parallelamente all’affermarsi del femminismo, ovvero delle soggettività femminili. Anche quando scrive di donne storiche combattive, come l’ultima regina borbonica Maria Sofia, i lavori sono datati ai primi anni settanta del secolo scorso, in pieno clima di vivacità corale e collettiva delle donne. Nello scrittore si riscontra anche un altro specifico filo conduttore: la pratica della violenza sui corpi delle donne, perpetrata da ogni forma di potere nominabile e non nominabile, che si traduce in violenza economica, sociale, politica, giuridica e fisica. Nel 1957 scriveva già della discriminazione/violenza che le donne sperimentavano nelle famiglie più povere. I figli rappresentavano speranza e braccia per il lavoro, le figlie solo una bocca in più da sfamare. Drammatiche le sue parole del racconto/reportage “Cronache Scolastiche” nella raccolta “Le Parrocchie di Regalpetra “: Più penoso è guardare le bambine, in attesa davanti l’altro padiglione. Alcune portano ancora la vesticciuola dell’estate, le maniche corte; e tremano di freddo, hanno gli occhi di animali che indecifrabilmente soffrono. Delle femmine cominciano a preoccuparsi quando sarà necessario attirare in casa qualcuno che le porti via, che le sposi”. Nel 1966 lo scrittore interviene con un articolo sul quotidiano “L’Ora” di Palermo sulla nota vicenda di Franca Viola, che rapita e violentata non accettò il matrimonio riparatore. Sciascia scrisse, durante la celebrazione del processo, che lo Stato era moralmente correo nel legittimare il matrimonio riparatore al posto della pena, e la stessa solidarietà del Paese manifestata a Franca non dovrebbe manifestarsi in forme eccezionali e clamorose, ma dovrebbe essere il contesto stesso, semplice e ovvio, della vita sociale. Solo molti anni dopo, nel 1981 e nel 1996, e grazie anche al costante impegno dei movimenti femminili, furono approvati rispettivamente le norme sull’abolizione delle nozze riparatrici e sulla violenza sessuale. Chi si ricorda che la legge abolita considerava la violenza una offesa alla morale e non alla donna? Nel 1967, dopo l’articolo sulla vicenda di Franca Viola, Sciascia pubblica il breve racconto La frode: una giovane minorenne avviata alla prostituzione denuncia alle forze dell’ordine un potente “cliente”, che si sente frodato non per l’accusa nei suoi confronti ma per la menzogna della ragazza, che indotta dal protettore aveva dichiarato di avere quattordici anni, invece dei suoi diciassette. A parte l’ironia sulla frode, lo scrittore racconta di un’adoloscente degli anni sessanta socialmente fragile, il cui personaggio è dotato di un nome ed un cognome, Angela Giuffredi, che ha il coraggio di denunziare un nominabile ed intoccabile uomo dalle estrose fantasie erotiche. Sciascia con il suo racconto, anche se non è considerato una delle sue produzioni più significative, prospetta e fa prospettare alle donne ed agli uomini che le donne potevano e dovevano agire denunciando la violenza perpetrata sui loro corpi. È rilevante che lo scrittore abbia attribuito un nome alla giovane, non sempre i suoi personaggi ne sono dotati. Il nominare il suo personaggio e renderlo coraggioso costituiva, forse, la speranza ed un messaggio civile per uscire dall’ombra e dal silenzio nel chiedere giustizia. Sull’offeso onore delle donne, Sciascia ne scriverà nel 1986 nel suo testo “1912 +1”, ispirato a cronaca vera, in caso di oltraggio alle donne, dal popolo della piazza agli imbastitori dei processi nelle aule giudiziarie, tutti evocano il mito di Lucrezia romana, che si uccise dopo essere stata oltraggiata da Sesto Tarquinio, forse il mito più maschilista che mai sia stato inventato, scrive lo scrittore. Nonostante questa responsabilità nel biasimare la cultura discriminatoria e maschilista nei confronti delle donne, nel 1974 lo scrittore intrattenne sulle pagine dei periodici e quotidiani un duro dibattito con le femministe. Non è questa l’occasione di approfondirlo, ma di rilevare che nonostante il difficile rapporto tra Sciascia ed il femminismo italiano degli anni settanta, entrambi si rifacevano alle ragioni delle donne.