I tempi della sete

La lunga notte dei cieli
è cominciata non appena hai parlato
di questo manto che avvolge la memoria nera,
delle sepolte melme che le brezze di mare
toccano appena.
Le tiepide acque si sono gonfiate,
gli astri hanno gravato i cardini dei fondali
e i rossi pesci sono emersi.
Sorriderò nel centro della stanza
dei miei piedi snudati sul tappeto persiano?
Comporrò il 7.9.1.60.41. e ascolterò
il mostruoso leviatano che stende nastri
di cicale? Ora che gli astri premono
sui trasparenti fondali e tutta la letteratura
è divenuta un lesso d’inchiostri
che sbava dai muri tappezzati in brossura
e a pizzi di Cantù…
del resto conosci pure tu questo tedio
senza lena a cui s’appiccano i brevi respiri
della notte dei cieli ch’è appena cominciata.
Tre sere fa ho pianto per molto meno:
pensavo al tuo volto scremato,
alla maschera senza salute
che sfiora a volte le mie labbra
con un bacio nocivo.
Tre sere fa non ero affranto,
pensavo ai giorni di traffico tremendo,
ai giorni di chiusura,
alla grande paura che mi tiene
ai figli perduti, e a tante altre storie.
Venivano come versi
dolcissimi e quieti alla memoria
i tempi della sete,
i segni della meridiana calura;
certamente, siamo stati nei porti
del Sol Levante,
nei luoghi del pepe e del tè,
con altri volti, con altro sangue,
briganti, mercanti, io e te; sovrani,
gesuiti, schiavi stivati, e dopo, in baleniere,
in cannoniere; nel corso dei secoli,
su di un nastro di letame,
nei frantumi della storia delirata,
figurata…al 7.9.1.60.41.
non mi rispondi più.