Peppino Impastato: Cento passi contro la mafia

Peppino Impastato, è rimasto un simbolo immortale della lotta alla mafia. E’ la storia di un ragazzo che maturò una coscienza sociale ed ebbe tanto coraggio nel ribellarsi al suo destino e anche per tale motivo fu ucciso barbaramente per mano mafiosa.
Fu assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, in uno dei giorni più tragici per la storia della Repubblica, quando in via Caetani, i terroristi fecero ritrovare nel bagaglio di una Renault rossa il corpo di Aldo Moro.
Impastato fu un giornalista, un’attivista politico di Democrazia Proletaria che denunciò sempre le malefatte di Cosa Nostra, iniziando adolescente a fare politica e seguendo le marce paciste nel 1967 del sociologo Danilo Dolci, il profeta gandhiano della non violenza, che lavorava a Partinico per il riscatto della Sicilia.
La vicenda umana di Peppino, vissuto a Cinisi in provincia di Palermo è stata segnata dalla sua dissociazione dalla famiglia d’origine poiché il padre era un mafioso mandato al confino, durante il fascismo. Altri parenti erano mafiosi, tra il cognato del padre, Cesare Manzella, ucciso nel 1963 e che era il capo mafia del paese.
Il giovane ruppe, quindi, i rapporti con il padre che lo cacciò di casa e, così, Peppino iniziò il suo intenso e combattivo impegno politico-culturale sin dal 1965 fondando il giornalino l’idea Socialista e aderendo al PSIUP. Mentre dal 1968 si avvicinò al gruppo di Lotta Continua partecipando alle lotte dei contadini, a fianco degli edili e dei disoccupati.
Nel 1976 fondò un gruppo Musica e cultura, che svolge attività quali cineforum, musica, teatro, dibattiti e, poi, nel 1977 mise in piedi Radio Aut, radio libera autofinanziata, in cui fece quel salto di qualità denunciando a voce alta, i crimini e gli affari mafiosi di Cinisi e Terrasini, schierandosi in primo luogo contro il potente boss della mafia Gaetano Badalamenti.
Alla radio Peppino prende in giro il mafioso deridendolo e definendolo «Tano Seduto», denunciando a viso aperto il capo mafia che aveva ruolo di rilievo nei traffici internazionali di droga. In particolare nella trasmissione Onda pazza Peppino denunciava sbeffeggiando la “Mafiopoli” e facendo una satira dissacrante delle collusioni tra mafia e politica.
Poi nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma, dopo tante minacce ricevute, nella notte dell’8 maggio il tragico epilogo di Peppino si compì e il giovane viene assassinato. Il suo cadavere viene trovato sui binari della ferrovia con una carica di tritolo esplosa vittima di un brutale omicidio e di un’orrenda fine. Iniziò un depistaggio quando dalle prime indagini venne indicato come un terrorista che stava organizzando un attentato finito male. In tal modo si coprirono per anni i veri responsabili del delitto. Ma infine le responsabilità della mafia vengono scoperte, soprattutto, per merito dell’ostinata ricerca della verità portata avanti dal fratello Giovanni e dalla madre Felicia Bartolotta, che spezzano definitivamente il legame con le parentele mafiose. Il boss mafioso Tano Badalamenti che abitava a cento passi dalla casa di Peppino venne condannato come mandate dell’omicidio.